Dalla guerra contro la Spagna del 1898 alla guerra contro la Siria
Il primato Usa della disinformazione
Da sempre i conflitti sono stati accompagnati da tentativi di
diffamazione del nemico e dalla sapiente costruzione di una propaganda
intessuta anche di menzogne. Si tratta di un’arma utilizzata in particolare
contro i gruppi etnici considerati estranei alla civiltà. La stigmatizzazione
dei «barbari» ha luogo anche mediante il rinvio alle loro pratiche «atroci». In
America i pellerossa vengono dipinti in modo tanto più ripugnante quanto più
spietata procede la loro cancellazione dalla faccia della terra. La guerra
discriminatrice e di annientamento contro le popolazioni coloniali, esterne o
interne alla metropoli, viene giustificata mediante la loro disumanizzazione,
conseguita grazie all’invenzione pura e semplice di «atrocità» ovvero grazie
alla dilatazione e alla lettura unilaterale di atrocità realmente commesse. In
questo contesto può essere inserita la stessa leggenda dell’omicidio rituale
per secoli attribuito agli ebrei, a suggello della loro irrimediabile
estraneità alla civiltà in quanto tale.
Nella misura in cui
l’inasprimento dei conflitti tra popoli «civili» comporta l’espulsione dalla
comunità civile del nemico, ecco che contro di lui si fa ricorso ad un’arma
tradizionalmente riservata alla lotta contro i «barbari». E’ così che procedono
le due parti belligeranti, e soprattutto il Nord, nel corso della guerra di
Secessione. Ma è nel nostro secolo che assistiamo ad un salto di qualità.
Assieme alla produzione industriale e su larga scala della morte, fa la sua
apparizione la produzione industriale e su larga scala anche delle menzogne o
delle mezze verità destinate a criminalizzare il nemico e a distruggerne
l’immagine. Già la guerra ispano-americana, che chiude il diciannovesimo e
inaugura il ventesimo secolo, viene preparata ideologicamente, da parte degli
USA, mediante la diffusione di «notizie», inventate di sana pianta, che bollano
gli spagnoli in quanto responsabili di aver ucciso prigionieri inermi e
massacrato 300 donne cubane[1]. Ad
un’ulteriore scalata si assiste nel corso del primo conflitto mondiale. Pur
sviluppata da entrambe le parti, la campagna di diffamazione registra
abbastanza presto il netto prevalere dell’Intesa:
Le denunce
occidentali di atrocità tedesche cominciarono con la violazione della neutralità
del Belgio da parte dei tedeschi nell’agosto 1914. I tedeschi -si disse-
avevano violentato donne e perfino bambini, impalato e crocifisso uomini,
mozzate lingue e seni, cavato occhi e bruciato interi villaggi. Queste notizie
non venivano pubblicate soltanto in giornali scandalistici ma portavano anche
la firma di famosi scrittori, da John Buchan e Arthur Conan Doyle ad Arnold
Toynbee, per citare solo qualcuno [... ]
Oggi sappiamo che le
testimonianze, le dichiarazioni, le immagini, i fotogrammi che documentano le
atrocità della Germania guglielmina, tutto ciò è il risultato di una sapiente
manipolazione, cui fornisce il suo bravo contributo la nascente industria
cinematografica americana, la quale gira nel New Jersey le scene sul
comportamento efferato e barbaro delle truppe guglielmine in Belgio![2] Danno
soprattutto da pensare due particolari delle «atrocità» attribuite ai tedeschi.
Quello delle donne stuprate e dei seni mozzati ci riconduce alle
rappresentazioni con cui in America l’ideologia ufficiale cercava di stimolare
al tempo stesso le «ansie sessuali e razziali» nei confronti degli indiani[3]. Ci
sono poi gli uomini «crocifissi»: è come se ora la pratica di omicidio rituale
venisse attribuita ai tedeschi.
[1] Millis, 1989, p. 60.
[2] Gilbert, 1994, p. 432.
[3] Calloway, 1995.
Guerre, indignation et construction de
l’ennemi
Domenico
Losurdo
Dans un souci
d’éclaircissement sur la campagne multi-médiatique et militaire qui est en acte
contre la Syrie, je reproduis ci-dessous un extrait de mon
livre Le révisionnisme en histoire. Problèmes et mythes. (Traduit
de l'italien par Jean-Michel Goux, 2006, Albin Michel,
Paris).
« Certes, depuis toujours les conflits ont été accompagnés de
tentatives de diffamation de l’ennemi et de la construction savante d’une
propagande tissée de mensonges. Il s’agit d’une arme utilisée en particulier contre
les groupes ethniques considérés comme étrangers à la civilisation. La
stigmatisation des barbares a lieu aussi en renvoyant à leurs pratiques
«atroces». En Amérique, les peaux-rouges sont dépeints de manière d’autant plus
répugnante que procède de manière plus impitoyable leur élimination de la
surface de la terre. La guerre discriminatrice et d’anéantissement contre les
populations coloniales, qu’elles soient extérieures ou intérieures à la
métropole, est justifiée au moyen de leur déshumanisation, obtenue par
l’invention pure et simple d’ « atrocités», ou grâce au gonflement et
à la lecture unilatérale d’atrocités réellement commises. On peut placer dans
ce contexte la légende de l’homicide rituel attribué pendant des siècles aux
Juifs, en vue de sceller leur irrémédiable extériorité à la civilisation en
tant que telle.
Dans la mesure où l’exaspération des conflits entre peuples
«civilisés» comporte l’expulsion de l’ennemi hors de la société civile, on fait
usage contre lui d’une arme traditionnellement réservée à la lutte contre les
«barbares». C’est ainsi que procèdent les deux parties belligérantes, et
surtout le Nord, au cours de la guerre de Sécession. Mais dans notre siècle,
nous assistons à un saut qualitatif. En même temps que la production
industrielle et à grande échelle de la mort, fait son apparition la production
industrielle et à grande échelle des mensonges ou des demi-vérités, destinés à
criminaliser l’ennemi et à détruire son image. La guerre hispano-américaine
déjà, qui conclut le dix-neuvième siècle et inaugure le vingtième, est préparée
idéologiquement par les USA, au moyen de la diffusion de «notes», inventées de
toutes pièces, qui stigmatisent les Espagnols comme responsables d’avoir
exécuté des prisonniers désarmés et massacré trois cents femmes cubaines[1].
On assiste à une escalade ultérieure au cours du premier conflit mondial.
Bien que développée par les deux camps, la campagne de diffamation enregistre
assez vite la nette prévalence de l’Entente.
Les dénonciations occidentales des atrocités allemandes commencèrent
avec la violation de la neutralité de la Belgique par les Allemands en août
1914. Les Allemands –
disait-on – avaient violé des femmes et même des enfants, empalé et crucifié
des hommes, coupé des langues et des seins, crevé des yeux et brûlé des
villages entiers. Ces nouvelles n’étaient pas seulement publiées dans les
journaux à scandales, mais portaient aussi la signature d’écrivains fameux, de
John Buchan à Arthur Conan Doyle et Arnold Toynbee, pour n’en citer que
quelques-uns [...]
Nous savons
aujourd’hui que les témoignages, les déclarations, les images, les photogrammes
qui documentaient les atrocités de l’Allemagne wilhelmienne, tout cela était le
résultat d’une savante manipulation, à laquelle fournit sa bonne contribution
l’industrie cinématographique américaine naissante, qui tournait dans le New
Jersey les scènes sur le comportement atroce et barbare des troupes de
Guillaume en Belgique ![3] (surlignage m-a p.) Deux particularités des
«atrocités» attribuées aux Allemands donnent surtout à penser. Celle des femmes
violées et de seins coupés nous reconduit aux représentations par
lesquelles aux Etats-Unis l’idéologie officielle cherchait à stimuler
à la fois les «anxiétés sexuelles et les anxiétés raciales» à l’égard des
Indiens[4].
Il y a ensuite les hommes «crucifiés» : c’est comme si on attribuait
maintenant aux Allemands la pratique de l’homicide rituel.
L'extrait cité
ici, reçu de l'auteur pour diffusion, ne comporte pas l'indication
des pages dans la version française,
m-a p
1 commento:
Salve, professore.
Se credessi alla telepatia, direi che questo è un classico caso.
Per "questo" intendo il fatto che abbia introdotto il suo articolo con una citazione da Tex, in cui un Nativo condanna il genocidio del suo popolo.
Come diceva Gramsci, un rivoluzionario deve saper cavare del sangue anche dalle rape...
Ma per essere più seri (beninteso, GRAMSCI lo è sempre stato).
In questi giorni sto riflettendo proprio sul genocidio di cui sopra.
Gli Usa, come lei ha evidenziato ne "Il revisionismo storico. Problemi e miti" furono direttamente e consapevolmente responsabili della distruzione di tutto un popolo. Infatti, in quel testo lei parla della diffusione di "coperte infette", diffusione legalmente sancita dal Congresso USA.
E ne "Il peccato originale del Novecento" ricorda che gli storici dei Nativi parlano esplicitamente di "Indian holocaust", olocausto indiano.
In questi giorni sto leggendo "Sul sentiero di guerra", a c. di Charles Hamilton (1950), Feltrinelli, Milano, 2007.
Il testo in questione documenta in modo davvero chiaro sia i costumi e la civiltà dei "pellerossa" (termine questo che però per loro ha un'accezione dispregiativa) sia la distruzione... made in the Usa.
Vorrei perciò chiederle, nei limiti ovviamente dei suoi molteplici impegni, la cortesia di fornirmi una bibliografia al riguardo (o dove trovarla).
Mi piacerebbe anche avere con lei un dialogo sul tema in questione, ma capisco che forse qui chiedo un po' troppo.
In ogni caso,
saluti fraterni.
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