Per evitare equivoci, chiarisco subito la mia collocazione e il mio punto
di vista:
1) Mi onoro di essere membro del Partito dei comunisti italiani, ma sono
ovviamente consapevole che diverse possono essere e sono le collocazioni dei
comunisti e che il dibattito sull'unità dei comunisti è in pieno
svolgimento.
2) A tale dibattito mi sento in grado di dare un contributo soprattutto in
quanto intellettuale. Tre mi sembrano i più rilevanti nodi teorici e politici,
che qui per brevità formulo con tre domande retoriche:
a) dobbiamo continuare a subire in modo passivo e codista l'infangamento e
la liquidazione della storia del movimento comunista?
b) vogliamo o no reagire alla campagna con cui l'imperialismo cerca di
screditare e isolare la Repubblica popolare cinese?
c) siamo in grado di contrastare i bombardamenti multimediali e l'industria
della disinformazione e dell'indignazione con cui oggi più che mai vengono
preparate le più infami guerre coloniali e neo-coloniali?
E' chiaro il nesso tra le tre questioni: la disinformazione investe il
passato oltre che il presente; la diffamazione del grande paese asiatico, che è
guidato da un Partito comunista e che col suo prodigioso sviluppo (economico e
culturale) mette fine al «secolo di umiliazioni» imposto dall'imperialismo,
serve da un lato a screditare ulteriormente il comunismo, dall'altro a
indebolire il fronte anti-imperialista e anti-colonialista.
Stimolando il dibattito e facendo chiarezza su tutto ciò, questo blog può
contribuire all'unità dei comunisti e all'unità della lotta: in questo senso andava l'invito ai lettori che avevo premesso all'intervento di Scotuzzi e che ribadisco. Prego però i lettori di affrontare tale problematica sul piano politico-culturale e non su quello strettamente organizzativo. Un tema, questo, per il quale ci sono di altre sedi o si possono approntare altri strumenti.
DL
Il
Partito Comunista Italiano che verrà
Rachele Marmetti
Rachele Marmetti
Era ora! Benvenga l’appello alla fondazione
del Partito Comunista Italiano! Fondazione, non ri-fondazione.
È indispensabile partire nella chiarezza, con
comprovata estraneità alle porcherie del regime, con proclamata adesione al comunismo
delle origini, senza sospetti di contiguità con quella sedicente sinistra il
cui massimo impegno consiste nel mendicare qualche lampo di visibilità su
Raiset (Rai e Mediaset) o nell’accodarsi, cum
sportula, a ritirare provvidenze, premio per un’innocua opposizione, prona
sino alla connivenza con nuove guerre coloniali.
Credo che questo sito, per il livello
culturale, il rigore accademico, la coerenza politica e la massima libertà di
espressione, sia il punto di riferimento adatto.
Ma come si fonda un partito comunista e dunque
antagonista, in uno Stato che, umiliato di fatto dal dopoguerra a provincia
dell’impero Usa, negli ultimi decenni ha venduto l’anima a un despota televisivo
e la libertà a un comitato d’affari (Commissione Europea)?
Dobbiamo far leva sulle sole forze che abbiamo
e sull’immenso potenziale che ci viene dalla forza delle nostre idee. Aspiriamo
a essere gli alfieri di quei valori morali e universali che ormai siamo rimasti
in pochi ad affermare. Li hanno abiurati i partiti che molti decenni fa
guidarono al riscatto le masse subalterne; ne hanno fatto apostasia le Chiese
occidentali, che predicano una miscela di teologia della subordinazione (per i
poveri) e di una teologia della dominazione (per i ricchi); ne hanno fatto scempio
schiere di intellettuali prostituiti al liberalismo, regredito fino a
incarnarne l’aspetto peggiore, ben illustrato da Losurdo nella sua Controstoria del liberalismo: il trionfo
della libertà di schiavizzare.
Questi nostri ideali dobbiamo enunciarli in
cima alla nostra Carta di fondazione. Nella loro interezza, senza timore né
esitazioni, con tutta la forza necessaria a suscitare entusiasmi nei giovani e
re-suscitarne nei maturi. Ideali di fratellanza; di solidarietà; di libertà dal
bisogno, condizione di ogni altra libertà; di uguaglianza nei diritti fondamentali;
di giustizia sociale; di lotta senza quartiere al dolore, ovunque si annidi e
quale ne sia la causa.
Condizione imprescindibile per la
realizzazione di questi nostri ideali è la rimozione del morbo che ormai ha intaccato gli organi
vitali del corpo sociale: bisogna togliere di mezzo il monopolio mediatico che
trova la sua più letale cancrena in Berlusconi; bisogna ripristinare regole e
strumenti che consentano una democrazia autentica; bisogna reinsediare l’esito
di questa democrazia, cioè lo Stato, al posto che la Costituzione della
Repubblica gli riserva: di esecutore della volontà espressa dal popolo; bisogna
restituire a questo Stato il potere di governare: libertà d’azione economica e
politica, che in campo internazionale richiede anche l’indipendenza militare.
Mi rendo conto di quanto oggi un lessico
simile possa risultare incomprensibile, o addirittura ridicolo, a un popolo
impoverito, nelle parole e nei pensieri, dalla propaganda dominante, ma, se
sapremo essere docenti bravi e pazienti e, soprattutto, se sapremo dotarci di
strumenti adeguati, potremo trasmettere idee che, qualche decennio fa, il
defunto Partito Comunista Italiano diffondeva sintetizzandole in slogan come: Fuori l’Italia dalla Nato. Non poteva
aggiungere: Fuori l’Italia dall’Europa,
perché l’Europa all’epoca era solo un’idea vaga di confederazione di Stati
liberi. Ma oggi possiamo farlo noi: Fuori
l’Italia da questa Europa, dominata dalla versione aggiornata degli “schiavisti
liberali” descritti da Losurdo.
Obiettivi impegnativi ma, ribadisco, i soli in
grado di suscitare tensioni ideali potenziali e di risvegliare quelle sopite.
Obiettivi la cui proclamazione, ancor prima della loro realizzazione, richiede
un’organizzazione formidabile. Perché si tratta di scatenare un’offensiva di
informazione e di formazione contro un esercito di manipolazione mediatica
quale mai conosciuto. Ed è una guerra che devono combattere in prima linea gli
intellettuali. Docenti, scrittori, giornalisti, studenti, editori, avvocati (a
tutela degli spazi di libertà, ma non solo); e poi schiere di militanti
acculturati e professionalmente coerenti, in ogni campo: il medico al servizio
della sanità pubblica, il magistrato prono esclusivamente alla Legge, l’operaio
che aderisce a un sindacato con orizzonti non delimitati da quelli della
categoria che difende, ogni cittadino che adotti uno stile di vita coerente con
le aspirazioni comuniste: dirittura morale, abiura del consumismo deteriore,
cura di ciò che di più prezioso possiede, la propria autonomia intellettuale.
Quanti ne troveremo così? Pochi. Ma questo
sito, potente stimolo allo studio della storia, docet che le rivoluzioni gonfiate da masse che valgono poco perché
mosse da idee che valgono niente poi si spengono subito o fanno il gioco del
nemico. La rivoluzione potrà essere solo miracolo da pionieri. Ne bastano pochi,
se buoni. Il primo Manifesto del partito
comunista lo scrissero in due…
1 commento:
A mio parere il grosso problema è che ci troviamo davanti ad un'esigenza politica forte: quella di un Partito Comunista che osi proporre la prospettiva della transizione al socialismo in maniera credibile (perchè in questa fase può essere credibile), e nello stesso tempo subiamo la mancanza di un ceto politico adeguato che sappia cogliere questa esigenza, irrimediabilmente perso, prigioniero del piccolo cabotaggio elettorale e del "cretinismo" parlamentare-governativo. I "tre punti" che la compagna pone all'attenzione non sono che parte di questo problema.
A. Peruzzi
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