domenica 13 novembre 2011

La speculazione sul debito italiano è un attacco politico che mira all'acquisizione del patrimonio pubblico nazionale


di Guglielmo Forges Davanzati
Università del Salento
C’è da dubitare che lo tsunami finanziario che ha investito (e sta investendo) l’Italia sia interamente imputabile alla scarsa credibilità del Governo Berlusconi, sebbene sia indiscutibile che questa esperienza di governo sia stata caratterizzata da un immobilismo irresponsabile. Per dimostrarlo, occorre ripercorrere sinteticamente ciò che è accaduto negli ultimi mesi, e chiarire preliminarmente i termini del problema. Dalla scorsa estate, l’Italia è stata oggetto di ‘attacchi speculativi’ di inaudita intensità, ovvero di vendita in massa di titoli del debito pubblico, con successiva difficoltà nel collocarli sui mercati anche a tassi di interesse elevati. La riduzione del prezzo dei titoli di Stato implica, infatti, che il tasso di interesse ottenibile dai risparmiatori aumenta,  ponendo lo Stato italiano nella condizione di dover offrire un tasso più elevato per i nuovi titoli emessi.
E’ così aumentato il differenziale dei rendimenti fra i titoli italiani – in particolare i buoni del Tesoro con scadenza decennale - e i titoli del debito pubblico tedeschi, prefigurando una condizione nella quale lo Stato italiano potrebbe trovarsi impossibilitato a ripagare il debito contratto con i sottoscrittori dei buoni del Tesoro e dichiarare fallimento. 
L’opinione dominante fa propria la convinzione secondo la quale questo fenomeno sia stato, in ultima analisi, determinato dal basso tasso di crescita dell’economia italiana (il che è condivisibile) e, soprattutto, dalla scarsa credibilità del Governo in carica (il che dà adito a qualche dubbio). Innanzitutto, va chiarito – ove ve ne fosse bisogno – che non è possibile dare una misurazione della ‘credibilità’ di un’Istituzione. Stando all’opinione dominante, la credibilità di un Governo la si concepisce – in questa fase, e nel nostro caso – sulla base del rispetto delle ‘raccomandazioni’ della Banca Centrale Europea. Le quali – è opportuno ricordarlo – suggeriscono misure di austerità ancora più drastiche rispetto a quelle fin qui messe in atto: riduzione della spesa pubblica, maggiore precarizzazione del lavoro e facilità dei licenziamenti, privatizzazioni, liberalizzazioni, aumento dell’età pensionabile, riduzione dei costi della pubblica amministrazione e suo snellimento, con possibile riduzione degli stipendi – e maggiore mobilità - dei lavoratori del settore pubblico.
La convinzione che gli attacchi speculativi siano mossi dalla scarsa credibilità del Governo non sembra trovare adeguati riscontri empirici. Nell’aprile 2011 lo spread fra Btp e Bund tedeschi era circa pari a 120 ed è rimasto sostanzialmente stabile fino ad agosto. Nell’agosto scorso si è registrato un picco di 350 punti base, al quale ha fatto seguito una significativa flessione durante il mese di settembre. A ciò ha fatto seguito un’ulteriore impennata, che ha portato i differenziali a circa 600 punti base, con successiva riduzione di 100 punti. Fra aprile ed ottobre non si registrano iniziative governative di rilevanza tale da determinare queste oscillazioni. E non si capisce per quale ragione, a fronte dell’immobilismo governativo, i cosiddetti “mercati” abbiano generato questa volatilità. Si potrebbe avanzare la congettura secondo la quale la risposta del Governo Berlusconi alla lettera della BCE degli inizi di agosto sia stata ritenuta eccessivamente vaga e che, per questa ragione, il Governo abbia improvvisamente perduto credibilità. Ma appunto di congettura si tratta e, dunque, di qualcosa che andrebbe dimostrato.
La domanda più rilevante che occorre porsi, e che pare del tutto oscurata nel dibattito italiano, è banalmente cosa sono i mercati ai quali si fa qui riferimento, e, per conseguenza,  quali fattori – economici e politici – muovono la speculazione. E’ una domanda centrale, dal momento che l’impopolarità dei provvedimenti che i “mercati” implicitamente chiedono (e che l’Unione europea esplicitamente raccomanda) può essere politicamente giustificata solo se vi sono ragioni cogenti e di massima urgenza per attuarli.  E’ chiaro che, in questa materia, data l’opacità che caratterizza le transazioni finanziarie su scala globale, è facile scivolare in teorie del complotto. Ma, a fronte di questo, alcune indicazioni possono essere fornite. “Milano Finanza” ha recentemente riferito che “sui mercati si è diffusa la voce che sia stata Goldman Sachs a innescare le vendite di Btp, poi seguita dagli hedge funds e dalle altre banche d’oltreoceano”. Goldman Sachs è la più grande banca d’affari al mondo, ha guidato numerosi processi di privatizzazione e, secondo la classifica stilata annualmente dalla Vault, risulta anche essere la banca più prestigiosa del mondo. Il fatto che Goldman goda di elevata reputazione la candida naturalmente come leader della speculazione sui titoli del debito pubblico. Ciò a ragione del fatto che, come rilevava Keynes, la speculazione è “l’arte di capire cosa gli altri operatori di mercato pensano riguardo al futuro” e, stando alla sua ben nota metafora, per indovinare quale ragazza vincerà un concorso di bellezza non conta il giudizio del singolo, ma la capacità del singolo di capire come voterà la maggioranza dei giurati. In altri termini, l’attività speculativa è basata su meccanismi che hanno a che vedere con convenzioni ed effetti di imitazione, così che, se uno speculatore è ritenuto altamente affidabile, è ‘razionale’ per chi lo segue fare le stesse mosse. 
Un recente comunicato di Goldman Sachs così recita: “Un governo tecnico [in Italia] avrebbe una maggiore credibilità rispetto ad altri esecutivi”. Il prof. Mario Monti è stato vicepresidente di Goldman Sachs. In prima approssimazione, non sembra difficile concludere che gli equilibri politici in Italia siano (quantomeno) profondamente influenzati da una banca di Jersey City. Si tratta di una conclusione di prima approssimazione, dal momento che questa congettura non spiega interamente la volatilità degli acquisti/vendite dei titoli del debito pubblico italiano. Vi è di più. La storia recente insegna che gli attacchi speculativi sono seguiti da ondate di privatizzazioni e di compressioni salariali (e dei diritti dei lavoratori): è accaduto in Italia a seguito della crisi del 1992, sta accadendo in Grecia. Su queste basi, si può affermare che gli attacchi speculativi sui titoli del debito pubblico italiano non hanno nulla a che vedere con le dimensioni del debito stesso, hanno poco a che vedere con i “fondamentali” della nostra economia (non peggiori dei nostri principali partner europei) e che, dunque, sono mossi, in ultima analisi, dalla convinzione che un esecutivo ‘tecnico’ – per di più guidato da un uomo che ha lavorato per le Istituzioni che guidano la speculazione - realizzi un programma di politica economica che consenta l’acquisizione di patrimonio pubblico nazionale: niente altro che il dominio della finanza sulla politica

1 commento:

Anonimo ha detto...

Dear professor Losurdo
Dear all
The fact that is mostly affecting the economies of the so-called PIIGS is their structural imbalances in terms of external counts (Imports versus Exports), by no means the allegedly excessive deficit public budget, or even public debt. Excessive public deficit (and debt) would be dangerous only in case it could induce high inflation, which of course is very far from being the case.
After years of systematic external imbalances caused by an over-valuated Euro (which is good only from the point of view of it being a world-money, or money of reserve: notice that the ratio US dollar/euro has passed from 1.1 to 0.7 in one decade, that is to say, north-Americans have proceed to an huge “competitive devaluation” of their money), of course peripheral countries have problems, but these would be much more easily resolved in case they could devaluate themselves (presumably just to stay au pair with the US dollar), and of course in case they had real central banks of their own that could be “lenders of last resource”. They have not, as we know, and the ECB has by statutory (neoliberal) disposition no possibility of lending money to member-states, and so these fall victims of profiteering (or "Tony Soprano bailouts", as they have been called) in that which is an extremely vitiated "game": the “markets" anticipate a country will go down and have to default, and so they act in such a way (making bets against that country) that induces a self-fulfilling prophecy. As a matter of fact, "the markets" know that a country will be unable to pay when interests raise above inflation plus expected growth. So, the "austeritarian" therapy imposed in fact causes/reinforces the illness it is said to treat.
In the meantime, of course, many utilities are privatized, wages frozen and reduced, social state dismantled, unemployment raises, etc.: a typical IMF scenario. Still, if a Tony "IMF" Soprano solution (or lack of solution) was adopted for Greece and Portugal, it is very problematic to face the same scenario for a giant like Italy , that on top of everything else would clearly have conditions to get away from problems if only it didn't follow the neoliberal recipe that is the consensus within the so-called European political center (both "center-right" and "center-left") but is indeed, as Costanzo Preve would put, to the right of Attila, king of the Huns... As a matter of fact, the assumptions on the basis of which Europe’s monetary union was built, namely inflation quasi zero, public debt quasi zero, lack of a real central bank as a lender of last resource, etc. are the scenario correspondent to the ideals of the so-called “public choice” school of economics, which is a strongly anti-democratic current of thought. Its purpose is to put the economic deciders “apart and above” the electoral processes, to liberate them from the so-called electoral –cycle, or briefly to build a “elections-free”, or “democracy-free” regional institution, which indeed corresponds, as you, professor Losurdo, have besides noticed it, to a process of collective “self-colonization” of the peoples (and states) of Europe. The states may continue formally democratic, since that has become totally irrelevant any way…
Saudações cordiais,
Lisboa, 14 Nov. 2011
João Carlos Graça
PS: for more on the recent crisis, centered in Greece but extendable by analogy to other PIIGS, suggesting the “opting out” but considering also its difficulties, see please the more recent report by Costas Lapavitsas et alii, in “Research on Money and Finance”, here: http://www.researchonmoneyandfinance.org/