L’appello
(«Una Norimberga per Israele») per porre fine all’interminabile
martirio di Gaza e del popolo palestinese è oggetto di una campagna
all’insegna della disinformazione, della diffamazione e del
terrorismo ideologico. Non sono stupito. Mi limito qui a riprendere
quanto avevo riferito e scritto in un libro pubblicato già 7 anni fa
(Il linguaggio dell’Impero, Laterza, 2007, pp. 162 e 120) [DL].
Alla fine del 1948, in occasione della visita di Begin negli Usa,
in una lettera aperta al «New York Times» firmata anche da Albert
Einstein, Arendt chiama alla mobilitazione contro il responsabile
della strage di Deir Yassin, facendo notare che il partito da lui
diretto risulta «strettamente imparentato coi partiti
nazionalsocialisti e fascisti»
[…]
Allorché,
nel 1963, pubblica Eichmann a Gerusalemme, coi
suoi strali contro il sionismo e contro il tentativo di Israele di
strumentalizzare il processo a carico del criminale nazista in senso
antiarabo, Hannah Arendt diviene il bersaglio di un’odiosa campagna
internazionale che pretende di bollarla in quanto antisemita. In
Francia, il settimanale «Nouvel Observateur», nel pubblicare
stralci del libro (scelti con perfidia), si chiede dell’autrice:
Est-elle nazie? E’ nazista? Siamo in presenza
di un capo d’imputazione dal quale nessuno è al riparo,
paradossalmente neppure il governo israeliano. Contro le forze
dell’ordine da esso inviate, gli esponenti più fanatici del
fondamentalismo ebraico non esitano a gridare: «Siete come i
nazisti, odiate gli ebrei». Così nel 1996, ma questo fenomeno si è
manifestato su scala ancora più larga nel 2005, in occasione del
ritiro da Gaza...
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