11 dicembre 2010 20:40 Anonimo ha detto...
Per quanto riguarda il premi Nobel (anche se quello per l'economia è fasullo, non essendo stato istituito per volontà di Nobel), va detto che quelli per le varie discipline vengono assegnati da istituzioni norvegesi comunque competenti (Accademia delle scienze etc.), anche se le scelte sono qualche volta discutibili e dettate dall'opportunità. Quello per la Pace viene assegnato invece da una commissione del Parlamento norvegese, e riflette orientamenti politici, strumentalizzazioni, pressioni da parte degli stati e così via, per cui il suo valore effettivo è ampiamente sovrastimato. Si vuol dare la surrettizia sensazione che abbia fondamenti "scientifici", come gli altri, mentre invece spesso è un mero strumento di battaglia politica.
DL: Anche sui premi Nobel c’è sostanziale convergenza. Ad essere sottoposto a ferreo controllo politico è quello «per la pace», che, a partire per lo meno dalla seconda metà del Novecento, ha funzionato egregiamente come strumento della guerra fredda vecchia e nuova. Ciò non toglie che anche per una disciplina come l’economia si faccia oggettivamente sentire il peso dell’ideologia dominante.
1 commento:
Temo che le influenze politiche abbiano ultimamente condizionato l'assegnazione dello stesso nobel per la letteratura, sempre più spesso dato a dissidenti (filo-occidentali e semi sconosciuti) di governi progressisti, a critici ideologici del socialismo reale sino ad arrivare all'ultimo assegnato a uno scrittore noto negli ultimi anni quasi esclusivamente per i suoi violentissimi attacchi contro tutti i paesi del Sud America che si sforzano di non essere più il cortile di casa degli Usa.
Per quanto concerne il premio nobel per la pace, purtroppo, anche prima della seconda guerrra mondiale era assegnato per motivi ideologici molto discutibili. A partire dal primo, assegnato al noto campione della pace Nicola II, a tutti i seguenti assegnati prima del 1914 a "pacifisti" che poi appoggiarono senza eccezioni la prima guerra mondiale. Verrebbe quasi da dar ragione a Trotskij che sconsolato, di fronte al sostegno dato dai "pacifisti" del tempo alla prima guerra mondiale, osservava nella sua autobiografia che i pacifisti (almeno certi) sono tali solo quando la guerra non c'è.
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