lunedì 4 ottobre 2010

Socialismo di mercato o capitalismo?

di Domenico Losurdo

Dedicato a coloro che parlano di restaurazione del capitalismo in Cina.

Commentando un libro di Richard McGregor, in un articolo pubblicato su «The New York Revew of Books» del 13 ottobre, Ian Johnson sottolinea la necessità, per chiunque voglia comprendere la realtà della Cina, di analizzare il ruolo del Partito comunista:

«Il nostro fallimento nel far ciò ha condotto ad uno spettacolare fraintendimento della Cina; si pensi in particolare alla visione in base alla quale il governo avrebbe privatizzato l’economia […] Ancora oggi quasi tutte le aziende cinesi di una certa importanza e dimensione restano nelle mani del governo […] Tutte hanno segretari di Partito che le amministrano assieme ai manager aziendali. Per le questioni importanti, come la scelta dei dirigenti e le acquisizioni all’estero, riunioni di Partito precedono le riunioni aziendali, che di solito approvano le decisioni del Partito […] Anche per quanto riguarda le aziende minori, che sono state “dismesse” dal Partito, il controllo del governo continua ad essere pervasivo anche se meno pressante […] Le aziende si sentono anche obbligate ad allinearsi alle politiche del governo, dd esempio ai piani di sviluppare le regioni povere della Cina».

Dedicato a coloro che celebrano i «liberi sindacati» indiani in contrapposizione al «sindacato di Stato» cinese.

Su «Die Zeit» del 30 settembre Georg Blume si occupa della pessima figura dell’India in occasione della preparazione dei Giochi del Commonwealth. Qual è la ragione di fondo del clamoroso fallimento del tentativo di replicare lo staordinario successo dei Giochi olimpici di Pechino?


«Decisivi sono gli operai. In Cina i lavoratori migranti che edificarono lo stadio olimpico non erano più persone prive di diritti: nella stragrande maggioranza essi avevano contratti regolari, ricevevano un pasto tre volte al giorno e avevano un tetto solido sopra la loro testa. Negli ultimi dieci anni i loro salari sono saliti di oltre il cento per cento.
I lavoratori edili indiani possono solo sognare tali benefici. A New Delhi essi abitano sotto teloni di stoffa e nella sporcizia delle strade. Le mogli devono preparare i loro pasti. E, allorché nelle ultime settimane si sono scatenate le piogge monsoniche, essi per paura delle inondazioni si sono rifugiati nel villaggio degli atleti. Oggi la ricca India si vergogna per la sporcizia degli alloggiamenti.
Tutto ciò mette in evidenza il grande problema dello sviluppo in India. La crescita ha beneficiato le masse ancor meno che in Cina. L’India le lascia imputridire nella miseria. Di ciò è testimonianza il fatto che ogni anno in India a causa della denutrizione muoiono due milioni di bambini sotto i cinque anni. I loro padri potrebbero essere i lavoratori edili dei Giochi del Commonwealth».

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