lunedì 21 marzo 2011

L'attacco alla Libia e la posizione della Cina. Un confronto con i lettori

Caro Domenico... se avrai tempo e voglia di rispondere, vorrei porti un'obiezione su un punto, a proposito di quanto scrivi.
Mi riferisco all'ultima riunione dell'Onu e all'atteggiamento di Cina e Russia (le metto sullo stesso piano, augurandomi che prima o poi si apra una riflessione sull'enigma Putin). Le giustificazioni che tu adduci, comprensibili e francamente plausibili, non sono però sufficienti per condividere l'atteggiamento di Cina e Russia. Certe riunioni dell'Onu fanno parte della campaga mediatica per addomesticare l'opinione pubblica occidentale. Oggi stesso Napolitano ha sottolineato che l'Italia non è in guerra ma partecipa a una missione Onu. Tutte le guerre imperialiste sono finite per una duplice ragione, la Resistenza trovata n loco e l'orientamento dell'opinione pubblica del paese aggressore, una sorta di mix.
La scelta cinese sa troppo di Realpolitik, è vera la citazione di Mao che fai ma è di difficile comprensione per chi, in Libia, sta resistendo all'ennesima aggressione militare Usa. O no? Sul tema della guerra e del più generale diritto all'autodeterminazione dei popoli è nato il movimento comunista in tutto il mondo, con lo slancio del '17 bolscevico.
E' vero il detto che le uniche guerre che si perdono sono quelle che non si combattono, la stessa resistenza del gruppo dirigente libico lo dimostra, due settimane fa tutti davano tale dirigenza per spacciata. Tra l'altro l'obiettivo degli Usa nel grande Medio Oriente non è la Libia ma la Cina.

Ho letto l'articolo di Losurdo che condivido in larga parte, mi resta difficile invece capire il modo in cui giustifica l'astensione di Russia e Cina. Mi sembra ridicolo sostenere che si sono astenuti avendo in cambio il non intervento via terra delle forze occidentali, così come non si capisce quali interessi nazionali hanno salvaguardato, sarebbe interessante sapere quali sono visto che Losurdo non ce li racconta ma lo sostiene. Cavalieri Tiziano

Caro Professore,
ottimo articolo che in sintesi esprime tutto ciò che pensavo sulla farsa della "rivoluzione" Libica. Tuttavia non mi è chiaro il significato dell'ultimo perido in riferimento alla Cina ed a Mao. In verità sono rimasto molto deluso dalla Cina e dalla politica del compromesso. Un veto avrebbe rappresentato una posizione anti-imperialista netta ed un messaggio chiaro ai popoli in lotta.
Cordiali saluti, Matteo

Caro professore, io ritengo che la neutralità sarebbe stata la decisione più saggia, anche per salvare la faccia...non si tratta solo del governo, ma anche delle opposizioni. Ieri Napolitano stringeva la mano a Gheddafi, oggi improvvisamente Gheddafi diventa il nemico dei diritti dell'astratto individuo libico (dei diritti dell'uomo).
Piergiorgio, 20 marzo 2011 06:05

DL Cominciamo con una considerazione di carattere generale. Da trent’anni il governo di Pechino si attiene alla politica del «basso profilo» (sul piano dei rapporti internazionali), caldamente raccomandata da Deng Xiaoping. E’ bene subito notare che tale politica viene seguita non solo quando sono in gioco gli interessi dell’Irak o della Libia, ma anche quando sono in gioco gli interessi della stessa Cina. Essa esprime regolarmente la sua protesta e la sua indignazione per la vendita di armi a Taiwan (un comportamento che calpesta tutte norme del diritto internazionale), compie anche qualche gesto dimostrativo, ma finisce col riallacciare con Washington persino i rapporti militari (oltre quelli politici e economici). Si potrebbero fare molti altri esempi, ma uno mi sembra particolarmente clamoroso: questa linea è stata seguita in occasione del bombardamento (nel 1999) dell’ambasciata cinese a Belgrado.

La politica del «basso profilo» è opportunista o capitolarda? A me sembra che essa tenga conto saggiamente dei rapporti di forza. I risultati parlano chiaro: nel 1989, dopo piazza Tienanmen, la Repubblica poplare cinese sembrava sull’orlo del crollo, ed era comunque gravemente isolata e stretta in una sorta di cordone sanitario. Oggi la situazione è molto diversa: oltre che sul piano economico, il mutamento nei rapporti di forza comincia (lentamente) a manifestarsi sul piano politico-diplomatico e persino (ancora più lentamente) sul piano militare. D’altro canto, a una politica di «basso profilo» si attiene in qualche modo anche la Russia, che non a caso all’Onu ha votato allo stesso modo della Cina.

E veniamo così all’Organizzazione delle Nazioni Unite. Sul ruolo da essa svolto il dibattito a sinistra è di vecchia data. Negli anni ’60 del Novecento, mentre la rivoluzione anticolonialista sembrava avanzare in modo irresistibile, non mancavano le voci che invitavano a costituire un’Onu dei popoli rivoluzionari, piuttosto che dei governi in larga parte borghesi. Ben si comprende che questo progetto non sia mai stato portato avanti: per altisonanti che possano essere, le proclamazioni non modificano i rapporti di forza.

Dopo la fine della guerra fredda è invece emerso un progetto diverso e contrapposto, ma disgraziatamente ben più realistico, dato che il crollo dell’Urss e del «campo socialista» aveva realmente modificato i rapporti di forza a vantaggio degli Usa. I circoli più aggressivi dell’imperialismo hanno avanzato la proposta di sostituire l’attuale Onu con una cosiddetta «Alleanza delle democrazie», chiamata a promuovere e a legittimare gli interventi contro le «dittature», avvalendosi del poderoso apparato militare della Nato (che continua ad espandersi e che sempre più pretende di essere non un’alleanza militare ben determinata, bensì il braccio armato della «comunità internazionale» in quanto tale). A questa manovra, la cui estrema pericolosità è immediatamente evidente, la Cina contrappone la linea del rafforzamento dell’Onu e del Consiglio di sicurezza: per qualche tempo ha fatto balenare la proposta di una modifica dello Statuto, in base alla quale, per essere valida, la richiesta di veto dovrebbe essere sottoscritta da almeno due membri del Consiglio di sicurezza. Il tentativo è di affermare realmente nella pratica il principio (contenuto già nello Statuto dell’Onu), in base al quale solo il Consiglio di sicurezza di questa organizzazione può legittimare un intervento militare (non la Nato o il G 7 o la statunitense «nazione eletta» da Dio).

Questa linea comporta ovviamente dei prezzi: se il Consiglio di sicurezza fosse regolarmente bloccato dai veti contrapposti, è chiaro che riprenderebbe quota il progetto dell’«Alleanza delle democrazie» con la Nato quale suo braccio armato. In una situazione in cui persino una parte del mondo arabo si è sciaguratamente schierata a favore della «no-fly zone», Cina e Russia hano pensato di limitarsi all’astensione (accompagnata da dichiarazioni di dissenso). Sottolineo: anche la Russia, nonostante che essa non abbia i problemi della Cina, che per i rifornimenti petroliferi dipende in misura non trascurabile dall’Arabia saudita (schierata a favore della «no-fly zone») e che vede le sue linee di comunicazione marittima esposte al pericolo del blocco da parte della flotta Usa.

L’atteggiamento assunto dalla Cina (e dalla Russia) è stato comunque un errore o una manifestazione di opportunismo? E un errore o una manifestazione di opportunismo è la politica del «basso profilo» nel suo compesso? Chi ritiene può affermarlo. Ma, come ho spiegato nell’ultimo capoverso del mio intervento, il compito reale di una forza antimperialista è di sviluppare la sua lotta ideologica e politica nella situazione concreta in cui vive, senza attendersi la salvezza da fuori e da lontano (ieri soprattutto da Mosca e oggi soprattutto da Pechino).

P. S.
Mi sembra qui opportuno un post-scriptum. Chi crede che le mie considerazioni sull’Onu siano dettate dalla contingenza politica e dal «giustificazionismo» nei confronti della Cina, può leggere quello che io ho scritto nell’ultimo paragrafo di un libro pubblicato un anno fa («La non-violenza. Una storia fuori dal mito»).

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Domenico,

Condivido quello che hai scritto,ma c'e' forse anche un'altra spiegazione. La Ci a ha in questi ultimi 15 anni investito pesantemente in Africa. Numerose imprese, private e statali, dispongono di numerosi lavoratori e tecnici espatriati che realizzano opere infrastrutturali ed assicurano i necessari ritorni in termini di risorse energetiche. L'intervento cinese in Africa ha dato luogo a rezioni isteriche in Occidente e nei cosiddetti Paesi donatori, tutti Paesi ex coloniali. Ma nonostante contraddizioni e difficoltà sono questi investimenti che in buona parte stanno provocando la crescita di un buon numero di Paesi africani e stanno ponendo le basi per un futuro diverso nel continente.
Il coinvolgimento cinese in Africa e' una realtà che comporta scelte in termini di stabilita' nei Paesi interessati spesso in contrasto con la politica di neutralità che da parte cinese e' stata adottata rispetto agli affari interni dei Paesi africani stessi. non e' da escludere quindi che il basso profilo tenuto in Libia nasca da una valutazione realistica delle possibilità di resistenza del regime di Gheddafi e dalla volontà di contenere i danni aprendosi un credito anche nei confronti dei cosiddetti ribelli.
Un saluto da Bruxelles, Maurizio

Anonimo ha detto...

Per quanto riguarda il voto di astensione al Consiglio di Sicurezza, va registrato il dibattito interno ai massimi vertici della Russia, con un Putin che si smarca dalla posizione espressa dal suo paese (sostenuta invece da Medveiev), oltre al dissenso esplicito e motivato del KPFR.
G.C.

Anonimo ha detto...

caro Losurdo,

ho letto la tua risposta alle obiezioni sul voto di Cina e Russia (continuo a tenere uniti questi due paesi...) ma non mi convincono, cosa rara tra l'altro.

Nelle vicende libiche ciò che viene sacrificato sull'altare di esigenze 'campiste' è il diritto all'autoderminazione dei popoli.

Una domanda semplice: la Cina può rimanere distante e indifferente? E' questa l'impressione che deve dare a un possibile 'campo' antimperialista nel mondo?

Ricordo che se la citazione di Mao sulle esigenze 'statuali' è valida lo è sia per la Cina che, a maggior ragione, per paesi più piccoli come Cuba e Venezuela. Eppure Castro e Fidel hanno assunto ben altre posizioni.

Stefano Franchi

Anonimo ha detto...

Castro e Chavez, errore di battitura...

Stefano Franchi

Anonimo ha detto...

Ma in nome di che cosa, e di chi, puo' la Cina oggi porsi alla guida del campo antimperialista? In una realtà multipolare come quella che si va profilando (non va infatti sottovalutato il ruolo di primo piano, in senso propriamente coloniale, svolto da Parigi, o da Londra, ancor più che da Washington). Insomma, meglio una Cina che va allo scontro e si espone alla disfatta o una Cina che si copre le spalle e si prepara per una futura competizione?

Maurizio

Anonimo ha detto...

Caro Professore et.al.,

trovo questa discussione molto interessante. Devo dire che rimango scettica e tendo a condividere i dubbi di Franchi sul ruolo della Cina...Rielaborando maggiormente una mia precedente considerazione, aggiungo che se la sua considerazione a proposito dell'Onu è certamente valida, e cioè che le proclamazioni non mutano i rapporti di forza e che conseguentemente non ci si può che muovere all'interno di questi, è altrettanto vero che la continua legittimazione pressoché unanime di guerre cosiddette umanitarie ma palesemente illegittime/illegali (a partire da quella in Kosovo [risoluzione 1224, Cina astenuta], passando per quella Irachena anch'essa legittimata parzialmente su basi umanitarie [risoluzione 1843 approvata da 14 su 15; Siria astenuta), per finire a quella Libica) sta di fatto svuotando l'ONU, un organizzazione già criticabile per mille ragioni, di significato. In altre parole, a mio avviso, a poco servano i tentativi (sempre assumendo che questo sia lo scopo su cui altri hanno già espresso dubbi e interessanti conter-arguemtns) Russi e Cinesi 'di contenere le manovre dei circoli più aggressivi dell'imperialismo che vorrebbero delegittimare l'Onu e mettere al suo posto la Nato e l’«Alleanza delle democrazie»'. Nel prendere decisioni o suffragare missioni illegittime e illegali, l'ONU procede inesorabilmente alla sua auto-delegittimazione, in questo modo diventando sempre più macchina ausiliaria della egemonia Americana (Gowan's 'US:UN', 2003).

Un saluto,

aff. lettrice.

Anonimo ha detto...

tra avamposti militiari strategici, e interessi energetici e commerciali,speriamo si trovi un'accordo che poi alla fine lasci contenti tutti o quasi!

Anonimo ha detto...

Bonjour cher Professeur,
Merci pour analyses très pertinentes et justes qui nous aident à mieux comprendre notre siècle.
Nous sommes devant la certitude de la rupture de l'équilibre des derniers siècles.
L'empire a grossi et il veut grossir à vue d'oeil.
Son appétit d'ogre lui exige plus et encore plus. D'où la Chine comme la Russie seront servies l'une après l'autre sur la table de l'autel et sacrifié aux ambitions des néo-conservateurs et du sionisme international.
Aujourd'hui manquer de courage pour adopter une attitude de refus devant ce nouvel ordre mondial, qui grignote des pans très larges dans la carte géopolitique mondiale pour dominer les peuples les plus faibles et plus riches en matières stratégiques, constitue à mon avis un positionnement suicidaire et un recul fatal.