martedì 14 luglio 2009

Risposta a un lettore sullo Xingjiang

RB ha detto...
Mi perdoni, ma definire immigrazione l'arrivo degli han nello Xinjiang mi sembra un po' eccessivo. E' come dire che in provincia di Latina al tempo dei fascisti c'è stata una forte immigrazione veneta. In realtà se uno stato dà incentivi per trasferirsi in un'altra regione, non si può più parlare di immigrazione semplice, che sarebbe un fenomeno volontario, ma di immigrazione controllata. Ora la domanda è: perché questa volontà di spostare gli han in un territorio di uiguri? Per poter far sì che non scoppi una guerra etnica e separatista contro il potere centrale di Pechino. Certo è che se gli uiguri vedono gli ultimi arrivati arricchirsi e prendere il comando della loro regione grazie agli aiuti di Pechino, poi mi sembra normale che si ribellino. Non sono un localista, ma questo, visto che di mezzo ci sono fattori politici, economici, religiosi ed etnici, potrebbe quasi essere definito colonialismo.
9 luglio 2009 5.46

Caro RB,
Grazie per l'interessamento e per le questioni che pone. Cerco di dare qui alcune risposte.

1) Nella politica del governo cinese svolgono un ruolo anche lepreoccupazioni per l’integrità territoriale e la sicurezza nazionale:il Xinjiang è collocato al confine in un’area di grande volatilità edi rischio elevato (dove, a partire dall’11 settembre 2001, si fasentire anche la presenza delle basi militari statunitensi). Ma se cifosse da parte del governo centrale la volontà di sommergere gliuiguri, non si capirebbe allora perché esso consente loro di avere due o tre figli mentre impone la politica del figlio unico agli han.
2) In Cina è in corso un gigantesco processo di emigrazione e diurbanizzazione. Ogni anno dai 10 ai 15 milioni di persone affluiscononelle città dove lo sviluppo economico è più rapido (tra di esse èUrumqi, la capitale del Xinjiang).
3) L’emarginazione degli uiguri è un mito. Ho già riportato importanti testimonianze. Eccone un’altra. Sono le dichiarazioni rilasciate a «LaStampa» (11 luglio 2009, p. 19) da Nicola Di Cosmo, «professore alcentro di studi avanzati di Princeton» (Usa) e «considerato il massimoesperto al mondo di storia dell’Asia centrale». Così è descritta lasituazione nel Xinjiang:«Gli han sono in città, i kazaki sono nel Nord, gli uiguri sono nelSud. In realtà però gli han di più di seconda o terza generazionesentono una differenza forte con gli han di immigrazione più recente esentono maggiore vicinanza con gli uiguri, sono cresciuti con loro espesso parlano anche uiguro. Loro si definiscono Xinjiangren, gentedello Xinjiang, non han o uiguri, e in questo termine si riconosconoanche molti uiguri […]Le politiche centrali che favoriscono gli uiguri di fatto separano ledue comunità. Ci sono quote per gli uiguri negli uffici pubblici,nelle università […] Gli han in Xinjiang in realtà fanno molti passiper adeguarsi a costumi e necessità locali».Come si vede, ad essere qui oggetto di critica è semmai la politica di«azione affermativa» a favore degli uiguri…
4) Non che manchino i problemi. Leggiamo ancora Di Cosmo:«Gli uiguri si sentono discriminati quando escono dalla Xinjiang. C’èuna forma crescente di razzismo verso gli uiguri fuori dello Xinjiangche accende sempre di più i sentimenti nazionalistici tra gli uiguriin Xinjiang». E cioè, gli immigrati uiguri nel resto della Cinasubiscono spesso i pregiudizi che accompagnano gli immigrati. Ma questo è il risulato non della politica del governo centrale ma ditendenze presenti nella società civile di ogni paese. Si può chiedere al governo centrale cinese di fare di più contro i pregiudizi provocati dal processo migratorio forse più massiccio della storia mondiale – proprio in questi giorni è stato introdotto nelle scuolel’insegnamento dell’«armonia etnica» – ma il quadro tracciato dai media occidentale è espressione della guerra fredda scatenatadall’imperialismo contro un paese diretto da un partito comunista e protagonista di un’ascesa prodigiosa e inarrestabile.

Domenico Losurdo

4 commenti:

SitoAurora ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
SitoAurora ha detto...

Rebiya Kadeer, the CIA and the Bloody Hands Behind the Xinjiang Riots

Anonimo ha detto...

Rispetto alla discriminazione raziale che gli uguri sono costreti a subire nel resto della Cina, c'è chi sostiene che sono dovuti sopratutto al fatto che i lavoratori uguri che emigrano dallo Xingjiang accettano delle paghe ancora più misere delle già povere paghe medie cinesi e condizioni di lavoro pesantissime. Questo succede in partcolare nelle regioni più industrializzate. Proprio in una di queste regioni ci sarebbe stato uno scontro che poi ha fatto da scintilla per le tensioni nello Xinjiang. Cosa ne pensi rispetto a questa chiave di lettura che ripresenta in salsa cinese la consolidata guerra tra poveri che ha generato e genera tanti scontri celati da motivazioni raziali?

leprechaun ha detto...

Caro preside,

La leggo sovente, attività che trovo amena e divertente. Sono però costretto a smentire nella maniera più categorica che Nicola di Cosmo sia considerato il massimo esperto al mondo di storia dell'Asia centrale, e questo per il semplice fatto che massimo esperto, non solo di Storia, ma anche di cronaca dell'Asia centrale, sono considerato io. Se non volesse credermi, posso inviarle per e-mail una bolla papale con una dichiarazione in tal senso. Di Cosmo mi è solo secondo, e solo limitatamente alla Storia.
Gli Uiguri, già etnia ampiamente maggioritaria nello Xinijang, da più di una decina di anni hanno dato vita a un movimento secessionista a causa della nota intolleranza religiosa del regime di Pechino, che permette la pratica delle religioni (cattolica, cristiana, buddista – se questa religione si può chiamare - mussulmana, ecc.) solo all'interno di Chiese amministrate dal Partito, e del processo di hanizzazione strisciante in atto da decenni, complici certamente anche i violenti e deregolati processi economico-sociali.
La differenza con il nostro sud Tirolo, un caso molto simile, è solo che le misure a tutela degli equilibri etnici e linguistici da noi sono intervenuti quando ancora il processo di italianizzazione di un territorio, da sempre abitato da tedeschi (e solo da loro) si compisse ad opera del fascismo, e quindi nel Sud Tirolo la popolazione tedesca è ancora maggioranza, anche per via del sopravvento che Hitler prese su Mussolini a seguito dell'assassinio di Dolfuss e alla conseguente espulsione dall'Austria di ogni influenza italiana. Questo permise alle popolazioni sud Tirolesi di chiedere ed ottenere protezione da Hitler, al punto che fu loro concesso di arruolarsi nella Wermacht, nella quale combatterono durante la seconda Guerra. Qualcuno ricorderà l'attentato di Via Rasella.
La limitazione ad un solo figlio per coppia in Cina è limitata alla sola fascia costiera, quella delle grandi città, circa 400 milioni di cinesi. Nella Cina interna (della quale fa parte lo Xinijang), circa 800 milioni di cinesi, la norma è ovunque da sempre disattesa. Si sarebbe tentati di dire “di fatto, se non de jure”, ma sarebbe fuorviante: in Cina non c'è uno Stato di diritto, e pertanto le direttive politiche del partito, e gli orientamenti dei segretari regionali, hanno lo stesso valore che da noi ha la legge (non diversamente da quanto accadesse in URSS).
E' una fortuna (o meglio, questo spiega in parte perché venga lasciata disattendere) perché una denatalità così violenta produrrebbe (avrebbe già prodotto) una catastrofe demografica e conseguentemente economica, in regioni dove l'agricoltura è ancora larghissimamente non meccanizzata.
Fatte queste precisazioni, devo dirle che mi ha messo un po' in ansia il suo ventilato sospetto che dietro i recenti disordini vi siano gli USA. Ho telefonato quindi a Barak per chiedere spiegazioni, e mi ha obiettato se per caso non lo ritenessi matto, dato che i cinesi detengono una gran quantità di dollari che se mettessero in vendita provocherebbero il tracollo economico degli USA. Devo confessarle che ho trovato la spiegazione del tutto convincente, e corrispondente ai dati in mio possesso, e in possesso di chiunque si occupi anche marginalmente della recente crisi economico-finanziaria.
Se le capita di incontrare Di Cosmo, gli porti i miei saluti. Non ho occasione di sentirlo da un pezzo e i miei numerosi impegni renderanno presumibilmente la cosa impossibile per lungo tempo.
Cordialità.