da: www.dialetticaefilosofia.it
Cenni biografici
Professore emerito di storia della filosofia presso l'Università degli studi di Urbino "Carlo Bo", e dottore honoris causa all'Università di Niteroi - Rio de Janeiro. È presidente della «Internationale Gesellschaft Hegel-Marx für dialektisches Denken». Presidente della rivista "Materialismo storico" diretta da Stefano G. Azzarà. Presidente di "Marx21" [http://www.marx21.it/]. Autore di numerosi e corposi testi tradotti e ristampati più volte in diverse lingue, imprescindibili per chi si occupa di Kant, di Hegel, di Marx e di marxismo, ma anche e non a margine di Nietzsche e di Heidegger. Si rimanda pertanto al Blog personale [http://domenicolosurdo.blogspot.it/] dedicato al suo pensiero e alla sua opera, costantemente aggiornato. Ha un corrispettivo in Brasile:
Cenni biografici
Professore emerito di storia della filosofia presso l'Università degli studi di Urbino "Carlo Bo", e dottore honoris causa all'Università di Niteroi - Rio de Janeiro. È presidente della «Internationale Gesellschaft Hegel-Marx für dialektisches Denken». Presidente della rivista "Materialismo storico" diretta da Stefano G. Azzarà. Presidente di "Marx21" [http://www.marx21.it/]. Autore di numerosi e corposi testi tradotti e ristampati più volte in diverse lingue, imprescindibili per chi si occupa di Kant, di Hegel, di Marx e di marxismo, ma anche e non a margine di Nietzsche e di Heidegger. Si rimanda pertanto al Blog personale [http://domenicolosurdo.blogspot.it/] dedicato al suo pensiero e alla sua opera, costantemente aggiornato. Ha un corrispettivo in Brasile:
[http://domenicolosurdoinfobrasil.blogspot.it/]
Su rai filosofia troviamo numerosi e preziosi interventi di Losurdo in merito a temi legati alle sue continue ricerche. Da ricordare inoltre la sua preziosa collaborazione seminariale di lunga data con l'Istituto Italiano per gli studi filosofici di Napoli.
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Pensiero e opera
Domenico Losurdo è innanzitutto un hegeliano. Da Hegel prende le mosse tutto il suo percorso.
HEGEL
Losurdo approfondisce e radicalizza una tradizione di altissimo profilo (Eric Weil anni '50), mettendo in chiaro che Hegel è riuscito non solo a descrivere lo Stato, la società del suo tempo, l'età moderna nella sua complessità, ma è riuscito anche a coglierne gli aspetti sostanzialmente contraddittori: 1) con il Notrecht (tradotto da Losurdo con "diritto del bisogno estremo") vien riconosciuto dallo Stato alla classe povera il diritto di violare la proprietà privata borghese; si riconosce l'ingiustizia di condizioni di oggettiva disparità di classe. Non è il diritto generico alla vita, alla sopravvivenza. Bensì è un diritto di classe. Ovvero una forma estrema di politica economica volta a contenere per quanto è possibile la questione sociale. Su tutto questo si incardina il marxismo di Losurdo, che senza alcun timore ritiene di dover constatare che in Marx risulta assente una articolata ovvero classica teoria dello Stato. Ecco perché Hegel diventa a tal proposito imprescindibile per i marxisti. 2) Altra nozione hegeliana rivisitata con particolare attenzione da Losurdo è lo stato di natura che Hegel colloca sul piano della storia del mondo, in senso fortemente antikantiano: lo stato di natura rende comprensibile lo scacchiere internazionale del mondo. Ovvero spiega l'origine dello Stato nazione, che dalla guerra trae la sua genesi storica oltre che la propria linfa vitale. Nessuna pace perpetua è possibile, immaginabile, finché viga la forma nazionale di Stato. 3) Fondamentale poi la critica di Hegel al liberalismo del proprio tempo (l'atomistica della società civile di stampo smithiano e utilitaristico) che dissimula rapporti di dominio e prevaricazione, di disparità sociali oggettive sotto categorie universalistiche formali ed astratte.
Contraddizione oggettiva e critica all'astratto. Possiamo affermare senza dubbio che oggi lo Hegel di Losurdo si stia prendendo una rivincita epocale contro quelle che Hegel stesso chiamava "le filosofie della riflessione", quelle filosofie del finito che hanno ottenuto nell'era del postmoderno il loro massimo trionfo.
Su rai filosofia troviamo numerosi e preziosi interventi di Losurdo in merito a temi legati alle sue continue ricerche. Da ricordare inoltre la sua preziosa collaborazione seminariale di lunga data con l'Istituto Italiano per gli studi filosofici di Napoli.
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Pensiero e opera
Domenico Losurdo è innanzitutto un hegeliano. Da Hegel prende le mosse tutto il suo percorso.
HEGEL
Losurdo approfondisce e radicalizza una tradizione di altissimo profilo (Eric Weil anni '50), mettendo in chiaro che Hegel è riuscito non solo a descrivere lo Stato, la società del suo tempo, l'età moderna nella sua complessità, ma è riuscito anche a coglierne gli aspetti sostanzialmente contraddittori: 1) con il Notrecht (tradotto da Losurdo con "diritto del bisogno estremo") vien riconosciuto dallo Stato alla classe povera il diritto di violare la proprietà privata borghese; si riconosce l'ingiustizia di condizioni di oggettiva disparità di classe. Non è il diritto generico alla vita, alla sopravvivenza. Bensì è un diritto di classe. Ovvero una forma estrema di politica economica volta a contenere per quanto è possibile la questione sociale. Su tutto questo si incardina il marxismo di Losurdo, che senza alcun timore ritiene di dover constatare che in Marx risulta assente una articolata ovvero classica teoria dello Stato. Ecco perché Hegel diventa a tal proposito imprescindibile per i marxisti. 2) Altra nozione hegeliana rivisitata con particolare attenzione da Losurdo è lo stato di natura che Hegel colloca sul piano della storia del mondo, in senso fortemente antikantiano: lo stato di natura rende comprensibile lo scacchiere internazionale del mondo. Ovvero spiega l'origine dello Stato nazione, che dalla guerra trae la sua genesi storica oltre che la propria linfa vitale. Nessuna pace perpetua è possibile, immaginabile, finché viga la forma nazionale di Stato. 3) Fondamentale poi la critica di Hegel al liberalismo del proprio tempo (l'atomistica della società civile di stampo smithiano e utilitaristico) che dissimula rapporti di dominio e prevaricazione, di disparità sociali oggettive sotto categorie universalistiche formali ed astratte.
Contraddizione oggettiva e critica all'astratto. Possiamo affermare senza dubbio che oggi lo Hegel di Losurdo si stia prendendo una rivincita epocale contro quelle che Hegel stesso chiamava "le filosofie della riflessione", quelle filosofie del finito che hanno ottenuto nell'era del postmoderno il loro massimo trionfo.
LIBERALISMO
Proprio riprendendo tale linea hegeliana di ricostruzione del moderno e contestualmente di critica radicale ad esso, Losurdo nel suo Controstoria del liberalismo intende smascherare il liberalismo innanzitutto di Locke, in relazione al fatto che, per interpretare correttamente il pensiero del padre del liberalismo, non si può ignorare la tesi da lui enunciata nel secondo Trattato sul governo, secondo cui ci sono uomini «per legge di natura soggetti al dominio assoluto e al potere incondizionato dei loro padroni». Servo/Padrone permane dunque in un assetto liberale. Ma è in un altro testo classico della tradizione liberale (On Liberty di John Stuart Mill) che possiamo leggere la tesi secondo cui «il dispotismo è una forma legittima di governo quando si ha a che fare con barbari», con una «razza» da considerare «minorenne», tenuta pertanto all’«obbedienza assoluta» nei confronti dei suoi signori. Anche Tocqueville parla di «democrazia in America», nonostante che il paese da lui visitato abbia come presidente Andrew Jackson, proprietario di schiavi e protagonista della deportazione sistematica dei Cherokees (un quarto muore già nel corso del viaggio di trasferimento). Herrenvolk democracy, «democrazia per il popolo dei signori», suggerita da alcuni eminenti studiosi statunitensi, descrive la limitazione del potere nell’ambito della comunità dei liberi, che va di pari passo con l’imposizione di un potere assoluto a danno degli esclusi. Il governo della legge nell’ambito del popolo dei signori va di pari passo cioè con la schiavizzazione dei neri e l’annientamento dei pellerossa. Il liberalismo classico afferma dunque una concezione dispari e unilaterale della libertà, nonostante i suoi proclami universalistici. Addirittura riconoscendo la legittimità, la naturalità della schiavitù e del sistema coloniale oltreoceano che su quella si edifica.
NIETZSCHE
In connessione al tema della schiavitù e in generale alla critica della falsa coscienza del liberalismo classico, c'è la rilettura offertaci da Losurdo di Nietzsche come ribelle aristocratico. Losurdo si scaglia non contro Nietzsche, ma contro una concezione innocentista di Nietzsche che in Italia è stata portata avanti per lo più da Vattimo. Dice Losurdo: "Vattimo ha perso di vista un aspetto essenziale della lezione nietzscheana: il pathos morale può veicolare le peggiori crociate sterminatrici". Una lettura innocentista edulcorata allegorica di Nietzsche gli fa per altro un grave torto, rendendo impossibile la comprensione della possente carica demistificatrice che dispiega il suo "radicalismo aristocratico". Nietzsche è un autore pienamente politico, tant'è che non si limita a condannare come espressioni di "decadenza" e "degenerazione" lo Stato sociale, i sindacati, la diffusione dell'istruzione, la democrazia, il regime parlamentare. Il filosofo non esita a rivendicare la permanente validità dell'istituto della schiavitù quale fondamento della civiltà. Così da smascherare e demistificare il liberalismo offrendo però un'alternativa radicalmente aristocratica ad esso. L'ermeneutica oggi dominante preferisce rimuovere o leggere in chiave allegorica questo motivo che accompagna come un'ombra l'opera di Nietzsche in tutto l'arco della sua evoluzione.
Onnipresente in Nietzsche e nel dibattito culturale e politico della seconda metà dell'Ottocento, il tema della schiavitù dilegua o si trasforma in un'innocente metafora nell'ambito dell'odierna ermeneutica nietzscheana (Bataille, Deleuze, Vattimo, Colli, Montinari, ecc.). Il filosofo viene così "salvato" ma a caro prezzo, attribuendogli una limitata capacità di intendere e di volere in campo politico: egli avrebbe fatto costante ricorso alla "metafora" della schiavitù, essendo del tutto all'oscuro dell'aspra polemica e della dura lotta che, su tale tema, divampavano attorno.
Il testo di Losurdo (rieditato di recente) ha acceso un poderoso dibattito a tutto campo in Italia e non solo, consultabile on line al seguente link:
[http://www.filosofia.it/argomenti/nietzsche-il-ribelle-aristocratico-biografia-intellettuale-ebilancio-critico]
BONAPARTISMO
Bonapartismo, storia del suffragio universale e critica della democrazia liberale. Qui Losurdo riprende appieno Marx e la sua analisi del cosiddetto socialismo imperiale di Napoleone III in Francia. Nel Febbraio del 1848 si impone in Francia il suffragio universale maschile, ma poco dopo la borghesia liberale procede a una de-emancipazione di strati consistenti di popolazione povera.
Napoleone III reintroduce il suffragio universale maschile, nell'ambito però di un regime, che proprio Marx ai suoi tempi ha chiamato appunto un "regime bonapartistico", dove cioè il suffragio universale è semplicemente uno strumento di acclamazione che permette al leader, al capo, una volta acclamato, di procedere in modo totalmente autonomo. E quando si parla di bonapartismo bisogna tener presente che Marx non lo individua semplicemente in Napoleone III, ma anche in Bismarck, per quanto riguarda la Germania, ma è chiaro che noi potremmo individuarlo anche in altri Paesi, ieri come ancora di più oggi. Il potere governativo, legittimato dal suffragio universale soprattutto su base maggioritaria, si autonomizza come comitato d'affari della borghesia dominante, spazzando via i partiti di massa radicati nel mondo del lavoro.
LOTTA DI CLASSE
Avversario del pensiero debole e delle visioni decadenti e postmoderne della storia, con la lotta di classe Losurdo riprende esplicitamente il celeberrimo paradigma marx-engelsiano del Manifesto, per restituirci una visione globale della storia, da una prospettiva universalistica e dialettica, attraverso la quale alla lotta di classe viene restituito il ruolo di spinta che le spetta nel processo di emancipazione e costruzione dell’unità del genere umano. Il punto di vista è certamente quello delle classi oppresse, di chi lotta per l'emancipazione economica, politica, nazionale, culturale e di genere; ma tale punto di vista ha anche la pretesa di fondare una nuova forma di società, per tutte le classi in lotta. Si deve perciò parlare al plurale, di lotte di classe, le quali esprimono la tendenza a trascendere gli interessi degli stessi sfruttati che la promuovono e a porsi obiettivi che possono essere universalmente condivisi: a liberazione dall’alienazione interessa anche il capitalista, l’eliminazione della povertà interessa tutto l’ordine sociale, mentre la fine delle guerre coloniali, liberando i popoli oppressi, libera anche gli oppressori dallo stato d’assedio a cui sono sempre sottoposti tanto da quei popoli, quanto dai nemici interni che essi creano attraverso vessazioni e sfruttamento. Questa tensione al trascendimento rende rozza e volgare ogni riduzione della lotta di classe al solo paradigma economicistico e redistributivo, una vulgata diffusa dalla tradizione liberale, che si rinnova nella seconda metà del ‘900 (Fraser), ma è figlia della precedente, che riduce la lotta di classe al solo conflitto tra borghesia e proletariato. Aver semplificato il concetto di lotta di classe ha nuociuto evidentemente anche a una buona parte del marxismo italiano e non solo, impedito a riconoscere le sfide che ancora caratterizzano il nostro tempo, vale a dire il nesso di cui le lotte di classe si nutrono per il superamento storico delle due «grandi divergenze», quello che lega l’eliminazione della diseguaglianza tra le nazioni alla eliminazione delle diseguaglianze economicosociali.
Il conflitto sociale tra coloro che soffrono le conseguenze della crisi economica, in termini di impoverimento, perdita di garanzie sociali, emarginazione, e coloro che migrano dai paesi più poveri in cerca di un riscatto economico e sociale, è il fatto contemporaneo che maggiormente evidenzia il ruolo che il capitalismo svolge nel generare diseguaglianza economica tra le nazioni e dentro le nazioni. Giungere a tale consapevolezza potrebbe essere almeno un primo passo per ripristinare il legame della politica con la trasformazione del reale e con i soggetti sociali che in maniera organizzata e solidale possano assecondarla.
Proprio riprendendo tale linea hegeliana di ricostruzione del moderno e contestualmente di critica radicale ad esso, Losurdo nel suo Controstoria del liberalismo intende smascherare il liberalismo innanzitutto di Locke, in relazione al fatto che, per interpretare correttamente il pensiero del padre del liberalismo, non si può ignorare la tesi da lui enunciata nel secondo Trattato sul governo, secondo cui ci sono uomini «per legge di natura soggetti al dominio assoluto e al potere incondizionato dei loro padroni». Servo/Padrone permane dunque in un assetto liberale. Ma è in un altro testo classico della tradizione liberale (On Liberty di John Stuart Mill) che possiamo leggere la tesi secondo cui «il dispotismo è una forma legittima di governo quando si ha a che fare con barbari», con una «razza» da considerare «minorenne», tenuta pertanto all’«obbedienza assoluta» nei confronti dei suoi signori. Anche Tocqueville parla di «democrazia in America», nonostante che il paese da lui visitato abbia come presidente Andrew Jackson, proprietario di schiavi e protagonista della deportazione sistematica dei Cherokees (un quarto muore già nel corso del viaggio di trasferimento). Herrenvolk democracy, «democrazia per il popolo dei signori», suggerita da alcuni eminenti studiosi statunitensi, descrive la limitazione del potere nell’ambito della comunità dei liberi, che va di pari passo con l’imposizione di un potere assoluto a danno degli esclusi. Il governo della legge nell’ambito del popolo dei signori va di pari passo cioè con la schiavizzazione dei neri e l’annientamento dei pellerossa. Il liberalismo classico afferma dunque una concezione dispari e unilaterale della libertà, nonostante i suoi proclami universalistici. Addirittura riconoscendo la legittimità, la naturalità della schiavitù e del sistema coloniale oltreoceano che su quella si edifica.
NIETZSCHE
In connessione al tema della schiavitù e in generale alla critica della falsa coscienza del liberalismo classico, c'è la rilettura offertaci da Losurdo di Nietzsche come ribelle aristocratico. Losurdo si scaglia non contro Nietzsche, ma contro una concezione innocentista di Nietzsche che in Italia è stata portata avanti per lo più da Vattimo. Dice Losurdo: "Vattimo ha perso di vista un aspetto essenziale della lezione nietzscheana: il pathos morale può veicolare le peggiori crociate sterminatrici". Una lettura innocentista edulcorata allegorica di Nietzsche gli fa per altro un grave torto, rendendo impossibile la comprensione della possente carica demistificatrice che dispiega il suo "radicalismo aristocratico". Nietzsche è un autore pienamente politico, tant'è che non si limita a condannare come espressioni di "decadenza" e "degenerazione" lo Stato sociale, i sindacati, la diffusione dell'istruzione, la democrazia, il regime parlamentare. Il filosofo non esita a rivendicare la permanente validità dell'istituto della schiavitù quale fondamento della civiltà. Così da smascherare e demistificare il liberalismo offrendo però un'alternativa radicalmente aristocratica ad esso. L'ermeneutica oggi dominante preferisce rimuovere o leggere in chiave allegorica questo motivo che accompagna come un'ombra l'opera di Nietzsche in tutto l'arco della sua evoluzione.
Onnipresente in Nietzsche e nel dibattito culturale e politico della seconda metà dell'Ottocento, il tema della schiavitù dilegua o si trasforma in un'innocente metafora nell'ambito dell'odierna ermeneutica nietzscheana (Bataille, Deleuze, Vattimo, Colli, Montinari, ecc.). Il filosofo viene così "salvato" ma a caro prezzo, attribuendogli una limitata capacità di intendere e di volere in campo politico: egli avrebbe fatto costante ricorso alla "metafora" della schiavitù, essendo del tutto all'oscuro dell'aspra polemica e della dura lotta che, su tale tema, divampavano attorno.
Il testo di Losurdo (rieditato di recente) ha acceso un poderoso dibattito a tutto campo in Italia e non solo, consultabile on line al seguente link:
[http://www.filosofia.it/argomenti/nietzsche-il-ribelle-aristocratico-biografia-intellettuale-ebilancio-critico]
BONAPARTISMO
Bonapartismo, storia del suffragio universale e critica della democrazia liberale. Qui Losurdo riprende appieno Marx e la sua analisi del cosiddetto socialismo imperiale di Napoleone III in Francia. Nel Febbraio del 1848 si impone in Francia il suffragio universale maschile, ma poco dopo la borghesia liberale procede a una de-emancipazione di strati consistenti di popolazione povera.
Napoleone III reintroduce il suffragio universale maschile, nell'ambito però di un regime, che proprio Marx ai suoi tempi ha chiamato appunto un "regime bonapartistico", dove cioè il suffragio universale è semplicemente uno strumento di acclamazione che permette al leader, al capo, una volta acclamato, di procedere in modo totalmente autonomo. E quando si parla di bonapartismo bisogna tener presente che Marx non lo individua semplicemente in Napoleone III, ma anche in Bismarck, per quanto riguarda la Germania, ma è chiaro che noi potremmo individuarlo anche in altri Paesi, ieri come ancora di più oggi. Il potere governativo, legittimato dal suffragio universale soprattutto su base maggioritaria, si autonomizza come comitato d'affari della borghesia dominante, spazzando via i partiti di massa radicati nel mondo del lavoro.
LOTTA DI CLASSE
Avversario del pensiero debole e delle visioni decadenti e postmoderne della storia, con la lotta di classe Losurdo riprende esplicitamente il celeberrimo paradigma marx-engelsiano del Manifesto, per restituirci una visione globale della storia, da una prospettiva universalistica e dialettica, attraverso la quale alla lotta di classe viene restituito il ruolo di spinta che le spetta nel processo di emancipazione e costruzione dell’unità del genere umano. Il punto di vista è certamente quello delle classi oppresse, di chi lotta per l'emancipazione economica, politica, nazionale, culturale e di genere; ma tale punto di vista ha anche la pretesa di fondare una nuova forma di società, per tutte le classi in lotta. Si deve perciò parlare al plurale, di lotte di classe, le quali esprimono la tendenza a trascendere gli interessi degli stessi sfruttati che la promuovono e a porsi obiettivi che possono essere universalmente condivisi: a liberazione dall’alienazione interessa anche il capitalista, l’eliminazione della povertà interessa tutto l’ordine sociale, mentre la fine delle guerre coloniali, liberando i popoli oppressi, libera anche gli oppressori dallo stato d’assedio a cui sono sempre sottoposti tanto da quei popoli, quanto dai nemici interni che essi creano attraverso vessazioni e sfruttamento. Questa tensione al trascendimento rende rozza e volgare ogni riduzione della lotta di classe al solo paradigma economicistico e redistributivo, una vulgata diffusa dalla tradizione liberale, che si rinnova nella seconda metà del ‘900 (Fraser), ma è figlia della precedente, che riduce la lotta di classe al solo conflitto tra borghesia e proletariato. Aver semplificato il concetto di lotta di classe ha nuociuto evidentemente anche a una buona parte del marxismo italiano e non solo, impedito a riconoscere le sfide che ancora caratterizzano il nostro tempo, vale a dire il nesso di cui le lotte di classe si nutrono per il superamento storico delle due «grandi divergenze», quello che lega l’eliminazione della diseguaglianza tra le nazioni alla eliminazione delle diseguaglianze economicosociali.
Il conflitto sociale tra coloro che soffrono le conseguenze della crisi economica, in termini di impoverimento, perdita di garanzie sociali, emarginazione, e coloro che migrano dai paesi più poveri in cerca di un riscatto economico e sociale, è il fatto contemporaneo che maggiormente evidenzia il ruolo che il capitalismo svolge nel generare diseguaglianza economica tra le nazioni e dentro le nazioni. Giungere a tale consapevolezza potrebbe essere almeno un primo passo per ripristinare il legame della politica con la trasformazione del reale e con i soggetti sociali che in maniera organizzata e solidale possano assecondarla.
Ma su questo si veda la nota a cura di Elena Maria Fabrizio al seguente link:
http://www.dialetticaefilosofia.it/scheda-dialettica-saggi.asp?id=73
GUERRA
L'ultima fatica di Losurdo si occupa del tema della guerra e del mito della pace perpetua, già per altro presente in modo trasversale in alcuni dei suoi scritti meno recenti. Losurdo mette subito in chiaro che dopo l'Ottantanove e la dissoluzione del campo socialista, l'Occidente sembrava ormai indirizzato verso una condizione di pace stabile e duratura. Addirittura sfidando l'adagio hegeliano, secondo cui la storia mondiale non è il terreno della felicità, si prospettava al contrario in termini universali il raggiungimento di una condizione di serenità globale, che avesse addirittura la forza di chiudere il corso del mondo. Quello che eventualmente si profilava all'orizzonte erano interventi di "polizia internazionale" volti a ristabilire la legalità o il "nuovo ordine mondiale". Si parlava poi di "Stato universale omogeneo" ovvero di fine dello Stato nazione, almeno nella forma moderna da noi conosciuta.
Oggi ci troviamo nella condizione di dover tirare le somme di quella che con ogni evidenza - anche banalmente empirica - sembra essere stata una lunga narrazione mitologica di un mondo senza guerre, di una pace perpetua o della fine della storia o della fine dello Stato.
Il testo di Losurdo in effetti ha come obiettivo filosofico quello di demitizzare il concetto di pace mondiale, ponendosi al contempo il compito di ricostruire e rivedere la storia del mondo occidentale, del nostro mondo, a partire dal ruolo svolto dalla coppia guerra/pace fin dal 1789, passando poi per la Restaurazione post napoleonica, fino all'avvento dell'industrializzazione con il suo correlato della colonizzazione; proseguendo verso lo scoppio della rivoluzione russa del 1917, fino alla cosiddetta "pace definitiva" che gli Stati Uniti avrebbero garantito con il loro intervento nella Prima guerra mondiale, da cui poi si origina il ruolo svolto dagli USA durante la Guerra fredda e poi a seguire fino ad oggi quello che conosciamo tutti con l'espressione di "guerra umanitaria".
Il rovesciamento teorico e interpretativo cui giungiamo seguendo la disamina di cui sopra, potrebbe portarci a ridefinire dialetticamente proprio il concetto di pace in quanto continuazione della guerra con altri mezzi.
--------------------------
ALCUNE OPERE
Autocensura e compromesso nel pensiero politico di Kant, Bibliopolis, 1983, 20072
La comunità, la morte, l'Occidente. Heidegger e l'ideologia della guerra, Bollati Boringhieri, 1991
Hegel e la libertà dei moderni, Editori Riuniti, 1992.
Democrazia o bonapartismo. Trionfo e decadenza del suffragio universale, Bollati Boringhieri, 1993
Il revisionismo storico. Problemi e miti, Laterza, 1996.
Il peccato originale del Novecento, Laterza, 1998.
Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia intellettuale e bilancio critico, Bollati Boringhieri, 2002.
Controstoria del liberalismo, Laterza, 2005.
Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, Carocci, 2008.
La non-violenza. Una storia fuori dal mito, Laterza 2010
La lotta di classe: una storia politica e filosofica, Laterza 2013
La sinistra assente. Crisi, società dello spettacolo, guerra, Carocci, 2014.
Un mondo senza guerre. L'idea di pace dalle promesse del passato alle tragedie del presente, Carocci 2016.
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ON LINE alcune lezioni e interviste
MARX E LO STATO: https://www.youtube.com/watch?v=Xr9C0npYedY
UN ALTRO NIETZSCHE: https://www.youtube.com/watch?v=2SYV-qF39vk
HEIDEGGER ET LE NAZISME: https://www.youtube.com/watch?v=l_HIRDvQMLk
RIABILITAZIONE DI STALIN? CHI ERA DAVVERO HITLER?:
https://www.youtube.com/watch?v=lEFBZH4y614
LA LOTTA DI CLASSE: https://www.youtube.com/watch?v=ZIHQNvCUSns
LE RAGIONI DELLA VITA: Relativismo o antirelativismo?:
https://www.youtube.com/watch?v=RI7Hd7fpX30
LIBERALISMO E DEMOCRAZIA: https://www.youtube.com/watch?v=TTOO6nzZnJ0
http://www.dialetticaefilosofia.it/scheda-dialettica-saggi.asp?id=73
GUERRA
L'ultima fatica di Losurdo si occupa del tema della guerra e del mito della pace perpetua, già per altro presente in modo trasversale in alcuni dei suoi scritti meno recenti. Losurdo mette subito in chiaro che dopo l'Ottantanove e la dissoluzione del campo socialista, l'Occidente sembrava ormai indirizzato verso una condizione di pace stabile e duratura. Addirittura sfidando l'adagio hegeliano, secondo cui la storia mondiale non è il terreno della felicità, si prospettava al contrario in termini universali il raggiungimento di una condizione di serenità globale, che avesse addirittura la forza di chiudere il corso del mondo. Quello che eventualmente si profilava all'orizzonte erano interventi di "polizia internazionale" volti a ristabilire la legalità o il "nuovo ordine mondiale". Si parlava poi di "Stato universale omogeneo" ovvero di fine dello Stato nazione, almeno nella forma moderna da noi conosciuta.
Oggi ci troviamo nella condizione di dover tirare le somme di quella che con ogni evidenza - anche banalmente empirica - sembra essere stata una lunga narrazione mitologica di un mondo senza guerre, di una pace perpetua o della fine della storia o della fine dello Stato.
Il testo di Losurdo in effetti ha come obiettivo filosofico quello di demitizzare il concetto di pace mondiale, ponendosi al contempo il compito di ricostruire e rivedere la storia del mondo occidentale, del nostro mondo, a partire dal ruolo svolto dalla coppia guerra/pace fin dal 1789, passando poi per la Restaurazione post napoleonica, fino all'avvento dell'industrializzazione con il suo correlato della colonizzazione; proseguendo verso lo scoppio della rivoluzione russa del 1917, fino alla cosiddetta "pace definitiva" che gli Stati Uniti avrebbero garantito con il loro intervento nella Prima guerra mondiale, da cui poi si origina il ruolo svolto dagli USA durante la Guerra fredda e poi a seguire fino ad oggi quello che conosciamo tutti con l'espressione di "guerra umanitaria".
Il rovesciamento teorico e interpretativo cui giungiamo seguendo la disamina di cui sopra, potrebbe portarci a ridefinire dialetticamente proprio il concetto di pace in quanto continuazione della guerra con altri mezzi.
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ALCUNE OPERE
Autocensura e compromesso nel pensiero politico di Kant, Bibliopolis, 1983, 20072
La comunità, la morte, l'Occidente. Heidegger e l'ideologia della guerra, Bollati Boringhieri, 1991
Hegel e la libertà dei moderni, Editori Riuniti, 1992.
Democrazia o bonapartismo. Trionfo e decadenza del suffragio universale, Bollati Boringhieri, 1993
Il revisionismo storico. Problemi e miti, Laterza, 1996.
Il peccato originale del Novecento, Laterza, 1998.
Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia intellettuale e bilancio critico, Bollati Boringhieri, 2002.
Controstoria del liberalismo, Laterza, 2005.
Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, Carocci, 2008.
La non-violenza. Una storia fuori dal mito, Laterza 2010
La lotta di classe: una storia politica e filosofica, Laterza 2013
La sinistra assente. Crisi, società dello spettacolo, guerra, Carocci, 2014.
Un mondo senza guerre. L'idea di pace dalle promesse del passato alle tragedie del presente, Carocci 2016.
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ON LINE alcune lezioni e interviste
MARX E LO STATO: https://www.youtube.com/watch?v=Xr9C0npYedY
UN ALTRO NIETZSCHE: https://www.youtube.com/watch?v=2SYV-qF39vk
HEIDEGGER ET LE NAZISME: https://www.youtube.com/watch?v=l_HIRDvQMLk
RIABILITAZIONE DI STALIN? CHI ERA DAVVERO HITLER?:
https://www.youtube.com/watch?v=lEFBZH4y614
LA LOTTA DI CLASSE: https://www.youtube.com/watch?v=ZIHQNvCUSns
LE RAGIONI DELLA VITA: Relativismo o antirelativismo?:
https://www.youtube.com/watch?v=RI7Hd7fpX30
LIBERALISMO E DEMOCRAZIA: https://www.youtube.com/watch?v=TTOO6nzZnJ0
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