domenica 22 maggio 2016

Come ringiovanire e sviluppare il socialismo: un intervento di Cheng Enfu



Marxismo e internazionalismo alla luce di un viaggio in Cina di Domenico Losurdo
Dal 20 aprile al 7 maggio sono stato in Cina (Pechino, Shanghai, Wuhan) per un giro di conferenze e di lezioni. I miei lettori conoscono il giudizio da me più volte espresso, e confermato anche nel libro appena pubblicato (Un mondo senza guerre. L’idea di pace dalle promesse del passato alle tragedie del presente, Carocci), relativamente alla Repubblica popolare cinese, non a caso protagonista della più grande rivoluzione anticoloniale della storia e che ora, grazie al suo straordinario sviluppo economico e tecnologico, sempre sotto la direzione del Partito comunista sta mettendo radicalmente in discussione la divisione internazionale del lavoro cara all’imperialismo e  l’egemonia imperialista in quanto tale.
Partendo dal fatto che le Conferenze internazionali alle quali ho partecipato avevano per oggetto Marx, voglio richiamare l’attenzione su una circostanza generalmente trascurata. La Cina sta conoscendo uno straordinario sviluppo anche sul piano culturale e sta diventando il centro degli studi marxologici a livello internazionale: grandi iniziative si preparano sia per il centenario della rivoluzione d’ottobre (2017), sia per il bicentenario della nascita di Marx (2018), si infittiscono le traduzioni in generale e dei testi marxisti e di orientamento marxista in particolare (in questo contesto vanno collocati la traduzione già avvenuta di due miei libri e l’annuncio della traduzione di altri).
Non stupisce allora una circostanza ancora più interessante, in ogni caso per i comunisti. Pechino sta assumendo un ruolo sempre più chiaramente internazionalista: la prima Conferenza internazionale alla quale ho partecipato, e che anzi ho avuto l’onore di aprire, si è svolta il 22 e 23 Aprile presso la Renmin University ed è stata organizzata in particolare da Roland Boer, docente di quella prestigiosa università (fra le più quotate nel mondo) ed esponente di primo piano del Partito Comunista Australiano. Lo conoscevo di nome anche in quanto autore di una lunga e simpatetica rassegna da lui dedicata al mio libro su Stalin (si può ben comprendere che l’incontro di persona sia stato subito amichevole e caloroso). In occasione invece della Conferenza internazionale organizzata il 5 maggio dall’Accademia cinese delle scienze sociali ho incontrato e conosciuto Wadi’h Halabi, membro del gruppo dirigente del Partito Comunista degli USA (e chiaramente di origine palestinese).
E proprio in occasione di tale Conferenza si è verificato l’evento più significativo sul piano internazionalista. Ad aprirla è stato Cheng Enfu, con un impegnativo discorso che traccia un bilancio della storia del movimento comunista internazionale e delinea le prospettive del futuro. È un testo che vale la pena di leggere (ringrazio il compagno Cheng Enfu per avere autorizzato questa pubblicazione). Richiamo l’attenzione su alcuni punti essenziali:
  • Non è certo una novità, ma dà comunque da pensare la forza con cui il partito di governo, il partito comunista, si definisce marxista-leninista e dichiara di voler seguire un orientamento socialista, nell’ambito del quale il settore statale e pubblico dell’economia continuerà a svolgere una funzione essenziale e decisiva.
  • Si comprende allora la condanna senza appello di Gorbacev che, promuovendo di fatto la dissoluzione dell’Unione Sovietica, ha provocato una catastrofe mondiale, la cui gravità risulta tanto più evidente quanto più si accentuano i pericoli di guerra.
  • Nuovo invece, e di grandissimo interesse, è l’accento posto sulla necessità di riannodare le file del movimento comunista internazionale, chiudendo una volta per sempre il capitolo delle polemiche astiose che in passato hanno contrapposto in particolare i partiti comunisti dell’Unione Sovietica e della Repubblica Popolare Cinese (un «nonsenso» devastante di cui, come aveva già riconosciuto Deng Xiaoping, entrambi i partiti sono stati responsabili), e aprendo invece una fase nuova all’insegna del rispetto reciproco tra i partiti impegnati nel dialogo.
  • Altrettanto nuovo e di enorme interesse è l’accenno al fatto che il PCC si appresta a impegnarsi in modo attivo anche su questo terreno: «A partire dalla politica di riforma il PCC ha trattato i partiti comunisti degli altri paesi e i forum internazionali [di orientamento comunista] con un profilo decisamente basso». Sperava forse di attenuare la politica di ostilità e accerchiamento condotta dall’imperialismo statunitense e dai suoi alleati e vassalli. Sennonché: «Stati Uniti, Europa e Giappone hanno per questo messo fine all’assedio militare e alle provocazioni ai confini della Cina o hanno invece intensificato le loro azioni?». Occorre prendere atto che «gli Stati Uniti sono la forza principale che ostacola lo sviluppo e la pace mondiale e che accerchia la Cina». La lotta per la pace, oggi più che mai necessaria, impone di riannodare le file del movimento comunista internazionale e di sviluppare il più possibile il fronte di lotta contro la guerra e i pericoli di guerra.
Cheng Enfu è una personalità importante anche sul piano. È direttore fra l’altro di «International Critical Thought», la rivista cinese in lingua inglese (alla quale io stesso collaboro) che può essere considerata espressione della politica sopra descritta.
Nel proporre il testo di Cheng Enfu all’attenzione dei lettori, da parte mia mi limito a una brevissima considerazione: non è solo in Italia che l’unità dei comunisti è all’ordine del giorno; è una problema di carattere internazionale che esige l’immediato superamento di meschinità provinciali o, peggio, personali.

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