Gian Carlo
Scotuzzi
Milano,
22 maggio 2012
Ho fruito on-line l’incontro del 10 maggio a Urbino sul tema della violenza mediatica di regime.
Ho trovato
l’intervento di Domenico Losurdo lezione d’alta scuola e stimolo culturale e
politico. Un tonico cerebrale e spirituale. Quello di Giulietto Chiesa invece
mi ha irritato e suggerito queste note.
Chiesa dice
che il popolo, inteso nella sua maggioranza, vive in una dimensione virtuale.
Matrix. Un programma scritto dai Poteri per soggiogarlo e impedirgli di
elevarsi alla dimensione di cittadinanza consapevole. Elettori ignoranti,
dunque elettori per procura dei Poteri, dunque non-elettori.
Chiesa giudica
questo popolo: «incolpevole». Aggettivazione parzialmente assolutoria, presupponendo
che Chiesa vi abbia scientemente fatto ricorso per negare l’aggettivazione totalmente
assolutoria: innocente.
1.
Io sono
invece convinto ‒ ed è il primo assunto del mio intervento
‒ che il popolo, inteso come mandante di una maggioranza-minoranza
parlamentare che sgoverna come sappiamo, sia doppiamente colpevole. Lo è innanzitutto
per negligenza. L’aneddotica casalinga di Voghera, cui Chiesa fa riferimento
per spiegare l’allocchimento conseguente all’esposizione permanente a emittenti
tipo Canale 5, è dolosamente ignorante: potrebbe informarsi e acculturarsi. Ma
non lo fa. E lungi dal prendere atto della propria inadeguatezza cognitiva,
esercita la sovranità popolare. Va a votare. E dunque decide chi ci governa.
Tra i mandanti dell’embargo che affama a morte e delle bombe che massacrano le
Nuove Colonie dell’Impero ci sono schiere di casalinghe di Voghera.
Secondo capo
d’imputazione per questo archetipo di non-cittadina: è colpevole per diserzione
dall’impegno civile. Per paura, per pigrizia, codardia, per tornaconto
personale o familiare. Oppurre (o insieme), per mancanza di etica. Quest’ultimo
è il terzo capo di imputazione. Perché per essere cittadini, cioè per assumere
la titolarità di quella sovranità popolare sancita dalla Costituzione, non
basta sapere: bisogna anche capire. Coniugare cioè la conoscenza alla capacità
di contestualizzare e dedurre. E bisogna anche possedere un’etica portatrice
dei valori fondanti ogni civiltà. Senza questo triplice armamentario
(conoscenza, comprensione e pulsione valoriale) non si può brandire lo scettro
del “sovrano popolare”.
Conclusione
del mio primo assunto: non basta disporre gli «strumenti per fare corretta
informazione ‒ come auspica Chiesa ‒ per
conquistare la maggioranza dei consensi e contrastare la barbarie imperialista.
La casalinga di Voghera non saprebbe che farsene di un medium veritiero: lei
non legge e, quando lo fa, esige pattume editoriale fitto di gossip e similari
scemenze; lei non vuol saperne di studiare, non capisce quasi nulla e antepone
la propria tranquillità e i propri istinti consumistici alla sorte dei milioni
di trucidati, torturati e affamati nelle Nuove Colonie dell’Impero.
2.
Chiesa ha
relazionato a Urbino sul tema dell’informazione quale esponente del movimento
che ambisce contrapporne una corretta a quella manipolata dall’Impero. Come?
Ecco l’unica sua proposta, addotta come esempio: «Smettiamo di fare sfilate
contro la guerra e cominciamo ad assediare le sedi delle emittenti televisive
per imporre un’informazione corretta», partendo dal citato presupposto ‒ chioso io ‒ che un
popolo correttamente informato sia garanzia di pacifismo.
Proposta
puerile: ce lo vedete l’Impero deporre l’arma mediatica, o rinunciare a
utilizzarla appieno e incondizionatamente, dinanzi all’offensiva
sloganistico-cartellonistica di qualche migliaia di manifestanti? E poi che
senso avrebbe, per una sinistra e un partito rivoluzionari, lottare non già con
l’arma mediatica propria, ma affidandosi al «corretto uso» che l’avversario dovrebbe
fare dell’arma sua?
Insomma: i
Chiesa si limitano a denunciare ciò che ogni intellettuale riconosce da tempo:
la voce del padrone è bugiarda e mira esclusivamente a ottenere il mandato del ‟popolo
sovrano”, il quale ingoia ogni panzana purché orecchiabile e rassicurante (come
può esserlo anche la paura, se finalizzata a farsene difendere).
E i Chiesa
non vanno oltre, per ragioni regressive: a frequentare troppo il Palazzo e a
goderne dei piatti pronti, poi, quando se ne esce, diventa arduo mettersi a
cucinare. I Chiesa non sono creativi: sono replicativi, se non replicanti.
Dinanzi a una controffensiva mediatica che per la sinistra autentica è tutta da
inventare, si bloccano. Il cammino di una rivoluzione mediatica per loro è
troppo impervio. Implica dolorosa apostasia (della fede nel popolo naturalmente saggio) e rischi bellici
estremi, giacché l’Impero non si lascia sottrarre l’arma più sofisticata e
affinata di cui è dotato: quella mediatica, appunto.
Provo a
delibare quest’impervia rinascita rivoluzionaria.
3.
Fare
corretta informazione significa dotarsi di uno strumento mediatico. Il quale,
per essere efficace, deve definire innanzitutto quello che in gergo
comunicazionale si chiama il target,
l’obiettivo, cioè i lettori o gli ascoltatori da raggiungere. Mettiamo che la
sinistra rivoluzionaria decida di iniziare la costruzione della propria
panoplia mediatica partendo dallo strumento più a portata delle proprie
risibili risorse finanziarie: un giornale stampato, almeno settimanale. Oppure
un’emittente televisiva limitata ai notiziari e alla cultura. Ebbene, per chi
scriviamo e a chi parliamo? Non alla casalinga di Voghera, che non legge e,
quando accende la tivù, esige messaggi da cervello in bambola: luci, suoni,
fraseggio elementare e ricorrente (la ripetizione vale dimostrazione),
emozioni, stranezze, reportage anche trucidi e sadici, ma purché provenienti da
un universo altro: tutto deve
concorrere a condizionare gradevolmente il sensorio.
Noi
rivoluzionari, per farci leggere o guardare da questa casalinga idiota,
dovremmo stampare un giornale o mandare in onda programmi non dissimili da
quelli diffusi dall’Impero.
I sinistri
tiepidi, rotti anche ai compromessi che hanno spedito truppe italiane a
martirizzare prima la Yugoslavia e poi il Medioriente e che hanno collaborato
alla colonizzazione della Libia, obietteranno che, anche un medium confezionato a misura del “popolo
dei semplici”, qualche messaggio antagonista riuscirebbe a farlo passare.
Controreplico: a prescindere che un giornale, al pari di un’emittente, è un
messaggio complessivo, dove non basta inserire dosi omeopatiche di bontà per
ovviare a un saldo di schifezze, chiedo: stante la vulnerabilità psicologica
del target, esposto a lasciarsi convincere da chi parla più a lungo e più
spesso e più spettacolarmente, come potremmo competere, noi, titolari di media
risibili ‒ per potenza di fuoco ‒ con le armate
mediatiche dell’Impero?
Dunque non
ci resta che trasferirci in un campo di gioco per noi meno impraticabile. Cioè
cambiare target. Facciamo un quotidiano di altissimo livello. Chiesa si è
giustamente lamentato che in Italia non ci sono giornali che stampano notizie e
che, per leggerne, lui è costretto a ricorrere all’International Herald Tribune, foglio del nemico e dunque lardellato
di menzogne, ma anche ricco di notizie autentiche, per chi le sappia discernere
dal falso. E perché non lo facciamo noi, sinistra rivoluzionaria italiana, un
quotidiano di altissimo livello? Sarebbe rivolto agli intellettuali, qui intesi
come insieme di cittadini consapevoli, informati, colti, pulsanti di valori
autentici e pervasi della voglia di affermarli a tutt’i costi. Sarebbe un
quotidiano che integrerebbe, sul piano dell’attualità, dell’assiduità e della
capillarità diffusionale, le seminagioni libresche degl’intellettuali di prima
vaglia e linea. Travasandovi lettori. Sarebbe un quotidiano che farebbe, degli
attuali ‟quotidiani della sinistra” e relativa giornalanza, fulgidi
campioni dell’esempio in negativo.
È scavo
lungo, da vecchia talpa. L’obiettivo è come la Stella Polare per un navigante
che cerchi il Nord: far tendenzialmente coincidere l’insieme degli
intelluali-cittadini con l’insieme del popolo tutto, elevando ognuno a rango di
cittadino.
Una tendenza
che evoca ‒ per portata ideale e visione epocale ‒ il
perseguimento del paradiso socialista e che ci orienta come una bussola. Ma
nulla più. Pretendere, nel 2012 e in Occidente, di fare giornalismo e cultura
per il “popolo sovrano”, al fine di conquistarne la maggioranza dei consensi,
equivale a pretendere di sbarcare sulla Stella Polare. Equivale a trasferirsi
in un mondo virtuale, a obnubilarsi in Matrix. Equivale a ritrovarsi nella
cella accanto a quella occupata dalla mitizzata “maggioranza del popolo”.
Al nocciolo:
censiamo le risorse e le competenze. Mano al portafogli. Alla tastiera come in
guerra. Quando si comincia?
2 commenti:
Credo che l’intervento di Scotuzzi, sotto limitati aspetti condivisibile, vada rintuzzato in quelli che sono pericolosi.
Un popolo ignorante è specchio della pessima qualità dei suoi docenti, a cominciare dalla classe politica. I russi che Lenin motivò alla rivoluzione e i sovietici che Stalin indusse a contrastare i nazisti erano in gran parte semianalfebeti.
Se è vero che un popolo ha i governanti che si merita, è ancor più vero che una classe politica ha gli elettori che si merita e i cattivi maestri (partiti politici, docenti scolastici, giornalisti, scrittori, preti…) hanno gli allievi che si meritano. Ma è comunque dal riscatto delle masse, cioè di assembramenti in grado di condizionare la gestione della cosa pubblica, se non sempre di esprimerne i governanti, che i costruttori di una società socialista, prodromica al comunismo, devono puntare. La storia ha insegnato che a puntare esclusivamente su truppe scelte, lasciando indietro la massa o addirittura considerandola zavorra utile al nemico, si può vincere qualche battaglia, ma poi si perde la guerra.
Imboccato l’equivoco per cui la rivoluzione è pane esclusivo per colti, intelligenti ed etici, Scotuzzi prosegue, sul piano operativo, con l’auspicio di un medium riservato a costoro. E gli altri? Lasciamo che continuino a pascere in immondezzai tipo Rai (per come è oggi gestita) e stampa privata?
Ben venga una stampa autenticamente di sinistra e qualitativamente in grado di competere con i media di regime, ma purché sia rivolta a tutto il popolo potenzialmente recuperabile ai valori della solidarietà e della fratellanza, l’unico terreno su cui può svilupparsi il comunismo d’alto fusto. E se per fare un giornale di sinistra e di massa bisogna adattarsi anche le astuzie spettacolari indispensabili a calamitare masse diseducate da decenni di svacco inculturale e deriva etica, pazienza. Un giornale, ancorché comunista, si regge sui consensi, gli stessi che prima o poi dovremmo comunque conquistare se vogliamo andare al potere o condizionarlo quanto serve.
Chiudo con un appunto polemico: con tutti i cattivi maestri e i malfattori che affollano il teatro mediatico, Scotuzzi se la prende con Giulietto Chiesa, colpevole, ai suoi occhi, di avere poche idee?!
Rachele Marmetti
Gentile prof. Losurdo,
affine al suddetto tema è l'articolo che mi permetto di segnalarle:
http://rebusmagazine.org/tematiche/una-retorica-stantia-%C2%ABdiaz%C2%BB-e-daniele-vicari/
saluti
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