A proposito degli ultimi avvenimenti in Inghilterra. Ecco in che modo nel 1993 concludevo il mio libro «Democrazia o bonapartismo. Trionfo e decadenza del suffragio universale» (Bollati Boringhieri) [DL]:
La rivolta di Los Angeles nel 1992 è l'altra faccia del rifiuto del principio della rappresentanza proporzionale e della decapitazione politica delle classi subalterne: ancora in misura non trascurabile colpiti dalla discriminazione razziale, in seguito al trionfo della definizione minima di democrazia ridotta a mercato, non più considerati titolari di diritti sociali ed economici, privi di un'organizzazione di partito su cui poter contare, senza possibilità di accesso ai mezzi di informazione e dalle leggi sulla registrazione ostacolati persino nell'accesso alle urne, impossibilitati in ultima analisi a far sentire la loro voce sul piano più propriamente politico, i neri possono protestare solo ricorrendo ad una sorta di jacquerie urbana, di una rivolta rabbiosa e distruttiva e che però non modifica in nulla lo stato di cose esistente. Come dimostra in particolare l'esempio della Quinta Repubblica francese, anche in questo secolo la marcia del bonapartismo è scandita dal trionfo del collegio uninominale. La legislazione elettorale moltiplica ulteriormente gli effetti in ogni caso derivanti dal monopolio che la grande ricchezza detiene di un apparato di mass-media di una potenza senza precedenti nella storia, accelerando e rafforzando il processo di decapitazione politica delle classi subalterne.
Man mano che il modello americano trionfa, anche in Europa è destinato a ripetersi il fenomeno delle jacqueries urbane, alimentate da immigrati, sottoproletari e classi sociali subalterne ed emarginate, come già avviene, in particolare, in Inghilterra. Il processo di emancipazione che, negli ultimi due secoli, ha strappato il suffragio universale uguale (una testa, un voto), ha rivendicato la rappresentanza proporzionale in nome del «medesimo valore rappresentativo» di ogni singolo voto, ha contestato il monopolio, comunque configurato e camuffato, degli organismi rappresentativi da parte della ricchezza, ha connesso diritti politici e diritti sociali e economici, e ha visto e celebrato la democrazia come emancipazione delle classi, delle «razze» e dei popoli tenuti in condizione di subalternità, tale processo sembra aver subito una grave battuta d’arresto. In questo senso, siamo in presenza di una fase di de-emancipazione, una di quelle che ha caratterizzato il cammino lungo e tortuoso della democrazia, ma di cui per ora non si riesce a intravvedere il superamento.
La rivolta di Los Angeles nel 1992 è l'altra faccia del rifiuto del principio della rappresentanza proporzionale e della decapitazione politica delle classi subalterne: ancora in misura non trascurabile colpiti dalla discriminazione razziale, in seguito al trionfo della definizione minima di democrazia ridotta a mercato, non più considerati titolari di diritti sociali ed economici, privi di un'organizzazione di partito su cui poter contare, senza possibilità di accesso ai mezzi di informazione e dalle leggi sulla registrazione ostacolati persino nell'accesso alle urne, impossibilitati in ultima analisi a far sentire la loro voce sul piano più propriamente politico, i neri possono protestare solo ricorrendo ad una sorta di jacquerie urbana, di una rivolta rabbiosa e distruttiva e che però non modifica in nulla lo stato di cose esistente. Come dimostra in particolare l'esempio della Quinta Repubblica francese, anche in questo secolo la marcia del bonapartismo è scandita dal trionfo del collegio uninominale. La legislazione elettorale moltiplica ulteriormente gli effetti in ogni caso derivanti dal monopolio che la grande ricchezza detiene di un apparato di mass-media di una potenza senza precedenti nella storia, accelerando e rafforzando il processo di decapitazione politica delle classi subalterne.
Man mano che il modello americano trionfa, anche in Europa è destinato a ripetersi il fenomeno delle jacqueries urbane, alimentate da immigrati, sottoproletari e classi sociali subalterne ed emarginate, come già avviene, in particolare, in Inghilterra. Il processo di emancipazione che, negli ultimi due secoli, ha strappato il suffragio universale uguale (una testa, un voto), ha rivendicato la rappresentanza proporzionale in nome del «medesimo valore rappresentativo» di ogni singolo voto, ha contestato il monopolio, comunque configurato e camuffato, degli organismi rappresentativi da parte della ricchezza, ha connesso diritti politici e diritti sociali e economici, e ha visto e celebrato la democrazia come emancipazione delle classi, delle «razze» e dei popoli tenuti in condizione di subalternità, tale processo sembra aver subito una grave battuta d’arresto. In questo senso, siamo in presenza di una fase di de-emancipazione, una di quelle che ha caratterizzato il cammino lungo e tortuoso della democrazia, ma di cui per ora non si riesce a intravvedere il superamento.
2 commenti:
Le parole finali di ogni riga sembrano tagliate, e questo rende molto difficile la lettura.
Professare conoscevo il testo di cui Ella cita la pagina conclusiva. Sono però sconcertato che le masse dei diseredati non riescano a trovare uno sbocco politico alla loro disperazione. Potrebbe Ella produrre uno scritto che spieghi la tragedia della d'emancipazione progressiva che presto porterà a trasformare le società mondiali, tranne la Cina, in un enorme agglomerato di popoli oppressi e super sfruttati da pochi capitalisti finanziari senza scrupoli.
Posta un commento