In un articolo pubblicato su «Berliner Tagesspiegel» del 4 giugno, in relazione al dibattito in corso nella «Linke» su liberalismo e socialismo, Oskar Lafontaine rinvia al libro «Controstoria del liberalismo», in Germania pubblicato da Papyrossa col titolo: «Freiheit als Privileg. Eine Gegengeschichte des Liberalismus» [La libertà come privilegio. Una controstoria del liberalismo].
I veri liberali sono i socialisti
«Troviamo l’idea di libertà nei programmi di tutti i partiti politici.
Vi si richiama il socialismo così come il liberalismo. Per me il socialismo era ed è null’altro che un liberalismo pensato fino in fondo. La spiegazione di ciò la troviamo in uno dei libri più interessanti che io abbia letto negli ultimi tempi: “Freiheit als Privileg” di Domenico Losurdo, pubblicato nel 2010 dalla Casa editrice Papyrossa.
In questo libro il filosofo italiano dimostra come, nella storia del loro partito, i liberali hanno di regola inteso la libertà quale privilegio di una minoranza. I teorici del liberalismo non avevano alcuna difficoltà a sciogliere un inno alla libertà e a giustificare al tempo stesso l’illibertà e l’oppressione di interi popoli e di interi strati sociali (subalterni). Così nel 18° secolo si esprimeva l’illuminista Condorcet a proposito dell’America dei liberali proprietari di schiavi George Washington, Thomas Jefferson e James
Madison: “L’americano dimentica che i negri sono uomini; egli non ha con loro alcuna relazione morale; essi non sono per lui che oggetti di profitto”. Si obietterà che questi tempi sono ormai dileguati. Ma è veramente così? Oggi molti considerano il lavoro interinale come una forma moderna di schiavitù. Sarebbe solo una polemica inammissibile il seguente giudizio?: “Il neoliberista dimentica che i lavoratori interinali e i salariati a un euro sono uomini. Egli non ha con loro alcuna relazione morale; essi non sono per lui che oggetti di profitto”».
Vi si richiama il socialismo così come il liberalismo. Per me il socialismo era ed è null’altro che un liberalismo pensato fino in fondo. La spiegazione di ciò la troviamo in uno dei libri più interessanti che io abbia letto negli ultimi tempi: “Freiheit als Privileg” di Domenico Losurdo, pubblicato nel 2010 dalla Casa editrice Papyrossa.
In questo libro il filosofo italiano dimostra come, nella storia del loro partito, i liberali hanno di regola inteso la libertà quale privilegio di una minoranza. I teorici del liberalismo non avevano alcuna difficoltà a sciogliere un inno alla libertà e a giustificare al tempo stesso l’illibertà e l’oppressione di interi popoli e di interi strati sociali (subalterni). Così nel 18° secolo si esprimeva l’illuminista Condorcet a proposito dell’America dei liberali proprietari di schiavi George Washington, Thomas Jefferson e James
Madison: “L’americano dimentica che i negri sono uomini; egli non ha con loro alcuna relazione morale; essi non sono per lui che oggetti di profitto”. Si obietterà che questi tempi sono ormai dileguati. Ma è veramente così? Oggi molti considerano il lavoro interinale come una forma moderna di schiavitù. Sarebbe solo una polemica inammissibile il seguente giudizio?: “Il neoliberista dimentica che i lavoratori interinali e i salariati a un euro sono uomini. Egli non ha con loro alcuna relazione morale; essi non sono per lui che oggetti di profitto”».
Leggi il testo originale (in tedesco)
Tagesspiegel 04.06.2011
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