Caro Professore,
Prima di tutto volevo farle i miei complimenti per il suo libro:Stalin storia e critica di una leggenda nera, l'ho trovato molto interessante ed è stato bellissimo scoprire un autore come lei che non è soggetto all' ideologia dominante. Potrebbe gentilmente consigliarmi qualche libro "serio" sulla Cina di Mao e quella di oggi ed del suo sviluppo?
Nel ringraziarla le porgo i miei cordiali saluti,
Marco Tubino
DL Può cominciare a guardarei ll mio libro Fuga dalla storia. La rivoluzione russa e la rivoluzione cinese oggi, La città del Sole, Napoli. Dai lettori del blog possono venire altri suggerimenti e commenti.
Caro compagno Losurdo,
su Facebook discutendo con un mio amico che è anti-stalinista (e io difendo la figura di Stalin) mi ha risposto: "con tutto il bene che ti voglio ma ciò non toglie che i stalinisti sono stati i becchini della rivoluzione d'Ottobre,hanno seminato menzogne e terrore tra le avanguardie comuniste,hanno strangolato il fior fiore delle rivoluzioni proletarie nel mondo,a partire dal Comitato sindacale anglo-russo,la rivoluzione cinese (in cui si sono alleati con il Kuomintang di Cian kai schek),la rivoluzione spagnola,il fronte statale ,nella seconda guerra mondiale,prima con Hitler e poi con l'imperialismo anglo-americano, i fronti popolari antifascisti con la borghesia occidentale) l'assassinio di dirigenti e quadri leninisti nelle purghe dal 1936 al 1939 ,ed oltre(senza menzionare l'assassinio di Trotskj in Messico e di suo figlio,in precedenza, a Parigi).E vogliamo continuare ad attardarci con questi figuri,ancora oggi,per riabilitarli ed offrirgli la possibilità di imbellettarsi agli occhi di un proletariato mondiale di cui hanno fatto pelle di porco? Giammai! Io mi rifiuto di trattare con questi Strelizzi del movimento operaio rivoluzionario. Bisogna bandirli per sempre dalla cerchia, avendo essi perduto ogni onore rivoluzionario ed essendo finiti tra i peggiori traditori del movimento comunista internazionale nel corso della sua storia"!
su Facebook discutendo con un mio amico che è anti-stalinista (e io difendo la figura di Stalin) mi ha risposto: "con tutto il bene che ti voglio ma ciò non toglie che i stalinisti sono stati i becchini della rivoluzione d'Ottobre,hanno seminato menzogne e terrore tra le avanguardie comuniste,hanno strangolato il fior fiore delle rivoluzioni proletarie nel mondo,a partire dal Comitato sindacale anglo-russo,la rivoluzione cinese (in cui si sono alleati con il Kuomintang di Cian kai schek),la rivoluzione spagnola,il fronte statale ,nella seconda guerra mondiale,prima con Hitler e poi con l'imperialismo anglo-americano, i fronti popolari antifascisti con la borghesia occidentale) l'assassinio di dirigenti e quadri leninisti nelle purghe dal 1936 al 1939 ,ed oltre(senza menzionare l'assassinio di Trotskj in Messico e di suo figlio,in precedenza, a Parigi).E vogliamo continuare ad attardarci con questi figuri,ancora oggi,per riabilitarli ed offrirgli la possibilità di imbellettarsi agli occhi di un proletariato mondiale di cui hanno fatto pelle di porco? Giammai! Io mi rifiuto di trattare con questi Strelizzi del movimento operaio rivoluzionario. Bisogna bandirli per sempre dalla cerchia, avendo essi perduto ogni onore rivoluzionario ed essendo finiti tra i peggiori traditori del movimento comunista internazionale nel corso della sua storia"!
Compagno Losurdo come posso rispondergli nel merito e nel metodo dimostrando la falsità di ciò che ha detto il mio amico?
Come rispondere alla alla consueta filastrocca contro Stalin? Sulla Cina ha già riposto un lettore; per quanto riguarda il resto della filastrocca, può leggere il mio libro su Stalin.
Al di là dei singoli punti, conviene fare due ragionamenti generali. Il primo di carattere storico: quando Stalin assume il potere, l’esistenza della Russia sovietica è in discussione, date le persistenti minacce interne e internazionali.
Quando Stalin muore, il campo dei paesi di ispirazione socialista si è ampliato enormemente, l’ondata rivoluzionaria, anticolonialista e antimperialista sta montando in tutto il Terzo Mondo e il prestigio di cui godono l’Unione sovietica e il suo leader è altissimo in ogni angolo del pianeta.
Il secondo rgionamento è di carattere filosofico. Per chiarirlo riproduco una pagina di un mio libro («Fuga dalla stora. La rivoluzione russa e la rivoluzione cinese oggi», La città del Sole, Napoli, pubblicato in prma edizione nel 1999).
«La vicenda storica iniziata con la rivoluzione d’Ottobre ha stimolato a sinistra alcuni bilanci che possono essere assunti come modelli negativi. Non poche volte, la degenerazione e la disfatta dell’URSS e del «campo socialista» vengono spiegate riconducendo tutto a Stalin.
E’ un atteggiamento che sembra tradursi in una sorta di sospiro: Ah, se Lenin fosse vissuto più a lungo! Che orribile disgrazia che il suo posto non sia stato preso da Trotskij oppure da Bucharin! Peccato che il gruppo dirigente bolscevico non abbia saputo o voluto seguire la via indicata da Marx, quello «autentico» s’intende, indicato di volta in volta da uno o l’altro degli inflessibili giudici della storia del «socialismo reale». Se per avventura uno di essi (ad esempio la Rossanda) si fosse trovato a gestire il potere al posto di Stalin, invece che al ritorno della Duma e della bandiera zarista a Mosca avremmo assistito al trionfo dei Soviet e della bandiera rossa a New York! Se tali bilanci fossero corretti, non a Marx bisognerebbe far ritorno ma per lo meno a Platone e al suo idealismo. E’ difficile, infatti, immaginare una liquidazione più radicale del materialismo storico. Nessuna attenzione viene prestata ai dati oggettivi: la situazione della Russia e la storia alle sue spalle; le lotte di classe a livello interno e internazionale, i rapporti di forza sul piano economico, politico e militare, ecc. Tutto vien fatto dipendere dalla rozzezza, dalla brutalità, dalla volontà di potenza, dalla paranoia, in ogni caso dal carattere di una singola personalità. Il bello è che questo tipo di spiegazione riproduce, ingigantendolo, l’errore di fondo dello stalinismo, l’oblio delle contraddizioni oggettive e il conseguente ricorso, disinvolto e spregiudicato, alla categoria di «tradimento»: ora a spiegare non un determinato avvenimento ma quasi settanta anni di storia è un unico, ininterrotto «tradimento» degli ideali del comunismo consumato da Stalin, che viene quindi consegnato al plotone d’esecuzione degli storici o meglio dei giornalisti e degli ideologi.
Questo tipo di spiegazione diviene in certi casi una vera e propria filosofia della storia: negli anni attorno al ‘68 era abbastanza diffuso un libro che già nel titolo (Proletari senza rivoluzione) forniva la chiave di lettura della storia universale: sempre animate dai più nobili sentimenti rivoluzionari, le masse finivano regolarmente con l’essere abbandonate o tradite da dirigenti e burocrati. Anche qui si assiste ad un paradosso; quella che avrebbe voluto essere una requisitoria contro dirigenti e burocrati si rovescia in realtà in una requisitoria contro le masse: esse si rivelano inguaribilmente sempliciotte, sempre incapaci di comprendere nei momenti decisivi i loro reali interessi, ogni volta inclini a consegnare il loro destino nelle mani di avventurieri».
Al di là dei singoli punti, conviene fare due ragionamenti generali. Il primo di carattere storico: quando Stalin assume il potere, l’esistenza della Russia sovietica è in discussione, date le persistenti minacce interne e internazionali.
Quando Stalin muore, il campo dei paesi di ispirazione socialista si è ampliato enormemente, l’ondata rivoluzionaria, anticolonialista e antimperialista sta montando in tutto il Terzo Mondo e il prestigio di cui godono l’Unione sovietica e il suo leader è altissimo in ogni angolo del pianeta.
Il secondo rgionamento è di carattere filosofico. Per chiarirlo riproduco una pagina di un mio libro («Fuga dalla stora. La rivoluzione russa e la rivoluzione cinese oggi», La città del Sole, Napoli, pubblicato in prma edizione nel 1999).
«La vicenda storica iniziata con la rivoluzione d’Ottobre ha stimolato a sinistra alcuni bilanci che possono essere assunti come modelli negativi. Non poche volte, la degenerazione e la disfatta dell’URSS e del «campo socialista» vengono spiegate riconducendo tutto a Stalin.
E’ un atteggiamento che sembra tradursi in una sorta di sospiro: Ah, se Lenin fosse vissuto più a lungo! Che orribile disgrazia che il suo posto non sia stato preso da Trotskij oppure da Bucharin! Peccato che il gruppo dirigente bolscevico non abbia saputo o voluto seguire la via indicata da Marx, quello «autentico» s’intende, indicato di volta in volta da uno o l’altro degli inflessibili giudici della storia del «socialismo reale». Se per avventura uno di essi (ad esempio la Rossanda) si fosse trovato a gestire il potere al posto di Stalin, invece che al ritorno della Duma e della bandiera zarista a Mosca avremmo assistito al trionfo dei Soviet e della bandiera rossa a New York! Se tali bilanci fossero corretti, non a Marx bisognerebbe far ritorno ma per lo meno a Platone e al suo idealismo. E’ difficile, infatti, immaginare una liquidazione più radicale del materialismo storico. Nessuna attenzione viene prestata ai dati oggettivi: la situazione della Russia e la storia alle sue spalle; le lotte di classe a livello interno e internazionale, i rapporti di forza sul piano economico, politico e militare, ecc. Tutto vien fatto dipendere dalla rozzezza, dalla brutalità, dalla volontà di potenza, dalla paranoia, in ogni caso dal carattere di una singola personalità. Il bello è che questo tipo di spiegazione riproduce, ingigantendolo, l’errore di fondo dello stalinismo, l’oblio delle contraddizioni oggettive e il conseguente ricorso, disinvolto e spregiudicato, alla categoria di «tradimento»: ora a spiegare non un determinato avvenimento ma quasi settanta anni di storia è un unico, ininterrotto «tradimento» degli ideali del comunismo consumato da Stalin, che viene quindi consegnato al plotone d’esecuzione degli storici o meglio dei giornalisti e degli ideologi.
Questo tipo di spiegazione diviene in certi casi una vera e propria filosofia della storia: negli anni attorno al ‘68 era abbastanza diffuso un libro che già nel titolo (Proletari senza rivoluzione) forniva la chiave di lettura della storia universale: sempre animate dai più nobili sentimenti rivoluzionari, le masse finivano regolarmente con l’essere abbandonate o tradite da dirigenti e burocrati. Anche qui si assiste ad un paradosso; quella che avrebbe voluto essere una requisitoria contro dirigenti e burocrati si rovescia in realtà in una requisitoria contro le masse: esse si rivelano inguaribilmente sempliciotte, sempre incapaci di comprendere nei momenti decisivi i loro reali interessi, ogni volta inclini a consegnare il loro destino nelle mani di avventurieri».
3 commenti:
le masse: esse si rivelano inguaribilmente sempliciotte, sempre incapaci di comprendere nei momenti decisivi i loro reali interessi, ogni volta inclini a consegnare il loro destino nelle mani di avventurieri».
ogni volta no, ma nel caso della Rivoluzione Russa si partiva da un paese col 90% di analfabeti, è difficile negare che furono i dirigenti a indirizzarla....
Spesso si usa il termine di "masse" per comodità, e in certi contesti può essere giusto. In altre circostanze, però, parlare genericamente di "masse" può risultare semplicistico: ci sono classi e categorie sociali specifiche, livelli diversi di coscienza, di istruzione(appunto) etc. Per quanto riguarda la rivoluzione russa, è chiaro che, a mio parere, si fece leva su settori di classe specifici, politicizzati e fortemente coscienti (le officine e le caserme, il "nervo della vita" secondo Lenin) ma si seppe parlare anche alle "masse" più in generale. La pace ai popoli, la terra ai contadini, confisca dei profitti, repressione del sabotaggio era un programma immediato ben comprensibile anche agli analfabeti.
A.Peruzzi
Questão de atitude. Existe sempre matéria factual, ou o que se apresente como isso, a que se torna talvez de todo impossível dar uma resposta cabal, “para além de todo a dúvida razoável”. Em suma: se alguém for capaz de responder a 1000 questões sobre Estaline, podemos ter a certeza de que surgirá sobre Estaline uma questão nº 1001, essa sim definitivamente incriminatória…
Assim, e sobretudo do ponto de vista das questões de interpretação global do “fenómeno Estaline”, retenho cruciais quatro coisas: 1) O reconhecimento da excepcionalidade do dito fenómeno, tendo em conta a extrema dureza ambiental geral, a violência das agressões externas, o ambiente de guerra civil na origem e a prolongada guerra civil larvar subsequente, o próprio atraso económico de que se partiu e a necessidade de o ultrapassar rapidamente, etc. Apesar de vários outros autores terem formulado o problema mais ou menos desta maneira (cf. Jean Ellenstein), creio que a sua, Professor Losurdo, fornece quanto a isso um enquadramento geral propiciador de um balanço verdadeiramente equilibrado - que é, por definição mesmo, o objectivo dos balanços dignos desse nome - dos assuntos em questão.
2) Mais importante ainda é talvez a sua atitude de oposição às tendências para um “regresso à pureza original” nos debates entre correntes marxistas. Na verdade, a enorme carga messiânica, apocalíptica, milenarista, inegavelmente presente na história do marxismo, e em particular das correntes comunistas, foi um obstáculo tremendo a uma abordagem realista dos factos, sobretudo dos factos políticos. Mais ainda: induziu por si mesma um maior nível de violência, tal como um ambiente de acusações e suspeições generalizadas entre várias facções… Um nível demasiado elevado de expectativas conduz, de facto, não raro a práticas suicidárias - e a isso tudo teve o “estalinismo” de fazer finalmente frente, e de superar. Se nem sempre o fez da melhor forma… bom, as tentativas de emancipação do género humano não devem ser consideradas um caso de prêt-à-porter… As experiência humanas, todas as experiências humanas, devem ser consideradas de forma prospectiva, lendo-as como um processo interminável de aprendizagem, e não recalcadas, ou envoltas em lenda, “apagadas” da memória, etc. Evidentemente, a atitude de rejeição em bloco do “estalinismo” e de procura do “regresso à pureza original” em nada contribui para resolver problemas, apenas para os agravar.
3) Por comparação com casos anteriores de derrota ou “atraiçoar” de revoluções, o caso Stalin parece dever ser considerado algures a meio caminho do caso da França de Bonaparte - aqui houve um isolamento internacional e uma redução à condição de “rogue state”, mas em menor grau, e a “normalização” correspondeu de facto, em boa medida, a um “traição” (se bem que apenas parcial, mesmo aí) – e o caso do Haiti, em que as inovações revolucionárias mais radicais (em particular, a abolição da escravatura) foram mantidas, mas o isolamento internacional foi maior, desembocando num colapso civilizacional generalizado. Por comparação com ambas estas experiência, a Rússia de Stalin parece adquirir claras características de “meio termo” virtuoso, de juste milieu…
4) Finalmente, uma interrogação. A aprendizagem interminável a que aludi em 2) deve interpelar-nos também quanto ao sentido (ou não) de rotulagens políticas não apenas de “estalinismo”, mas mesmo outras como “marxismo” e “comunismo”… ou à possibilidade ou conveniência da sua superação históricas. Ser a favor do sufrágio universal, do imposto progressivo ou da abolição da escravatura equivaleria, durante o século de oitocentos, sem dúvida a ser “jacobino”. Mas o jacobinismo tinha sofrido uma derrota tão profunda, tinha sido objecto duma diabolização tão inapelável, que essa ideias só puderam voltar a emergir sob outras designações: “democracia”, “radicalismo”, “socialismo”, “comunismo”, etc. – mas já não, de todo não, “jacobinismo”. Por analogia, que dizer quanto a isto do “fenómeno comunista”?
Saudações cordiais.
Lisboa, 4/6/2011,
João Carlos Graça
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