venerdì 28 gennaio 2011

I comunisti al potere e all'opposizione: il KKE e il ruolo della Cina

Janosch Schnider 26 gennaio 2011 04:12
Spettabile professor Losurdo,
Ho avuto modo di apprezzare il racconto della Cina da lei redatto in occasione di un recente viaggio in questo paese. Al contempo osservo con grande interesse e stima l'avanzata del Partito Comunista Greco (KKE) nel panorama politico ellenico, capace di conquistare un consenso molto importante.
Alla luce dei seguenti fatti rimango però senza parole: Il KKE, offeso per il fatto che il PCC abbia relazioni con il PASOK e l'Internazionale Socialista cambia linea (ancora pochi mesi fa c'era stato un incontro cordiale fra PCC e KKE): sul giornale del KKE si pubblica un articolo in cui si sostiene che il PCC di comunista ha solo il nome e che i rapporti capitalisti sono in piena espansione in Cina: http://inter.kke.gr/News/2010news/2010-11-22-kina
E come se non bastasse in un recente documento dell'Ufficio Politico del KKE si legge pure: "Gli adattamenti della dottrina e della struttura della NATO riflette l'insorgere o l'intensificazione di nuove contraddizioni interimperialiste per esempio tra gli Stati Uniti e la Cina". Quindi la Cina sarebbe un paese imperialista in concorrenza con l'imperialismo USA!
Da quanto so io la Cina partecipa attivamente al "risanamento" ellenico attraverso una serie di investimenti pubblici: In particolare Cina e Grecia lavorano insieme per costruire al porto commerciale del Pireo il più grande centro di distribuzione e di transito tra Asia ed Europa. Infatti è la società cinese Cosco Pacific, una delle maggiori al mondo, che ha ottenuto la concessione, dopo molte contestazioni sindacali greche. Che i greci abbiano assunto posizioni di dogmatismo ultra-ideologico? È legittimo chiedersi se gli interessi dei proletari cinesi sono veramente diversi da quelli dei proletari del resto del mondo?
Cordiali saluti

DL Condivido anch’io la stima per il Partito Comunista Greco. E’ anche per questo che sorvolo sull’accusa rivolta alla Cina di restaurazione del capitalismo (è un’accusa che dobbiamo far valere anche per il Vietnam e oggi anche per Cuba?) e addirittura di perseguire una politica imperialista (in realtà gli Usa non hanno rinunciato al progetto di smembramento del grande paese asiatico, come dimostra l’appoggio fornito ai circoli separatisti di Taiwan, del Tibet e del Xinjang).
Voglio soffermarmi soprattutto su un punto. A suo tempo Mao Zedong ha richiamato l’attenzione su una questione centrale: non si può confondere la politica estera di un Partito comunista al potere con la linea politica di un Partito comunista all’opposizione, diversamente non si comprende nulla della storia del movimento comunista, oppure si riduce questa storia a una sequela interminabile di tradimenti: Non c’è Partito comunista al potere che non abbia stipulato accordi e compromessi con questo o quel paese, con questa o quella forza politica; ma ciò non è minamente vincolante per una forza rivoluzionaria all’opposizione.
Nel documento del PCG allegato al messaggio di Janosch si lamenta il fatto che il Partito Comunista Cinese voglia stabilire rapporti con l’Internazionale socialista. Io penso che l’eventuale successo di questa inizitiva gioverebbe molto alla causa della lotta contro i pericoli di guerra alimentati dall’imperialismo USA; ma non per questo ho intenzione di aderire all’Internazionale socialista; al contrario mi sento impegnato nella ricostruzione in Italia di un autentico partito comunista.
Lo scandalo per i rapporti del PCC con partiti che non sono comunisti tradisce una nostalgia per l’Internazionale Comunista, che certo ha scritto pagine gloriose di storia ma che Stalin ha tuttavia avuto ragione di sciogliere. Riporto qui un brano, desunto da un mio saggio di prossima pubblicazione:

«Risulta così sempre più inadeguato lo strumento organizzativo tradizionale (l’Internazionale) in cui a lungo si è riconosciuto il movimento rivoluzionario. A fondamento di tale tradizione agisce la visione che già conosciamo: la rivoluzione socialista sembra scaturire da un’unica contraddizione, quella che vede contrapporsi sul piano mondiale due blocchi omogenei, la borghesia e il proletariato; ed è una visione che trova la sua espressione più concentrata nella Terza Internazionale, che tende a presentarsi come un «partito bolscevico mondiale», ferreamente organizzato e centralizzato al di là dei confini nazionali e statali.
Ben si comprende che nessuna Internazionale abbia mai realizzato una rivoluzione. Ciò vale per l’Associazione internazionale degli operai fondata da Marx nel 1864. Sei anni dopo, mentre è in corso la guerra franco-prussiana, essa fa appello agli «operai francesi» a non abbandonarsi a illusioni rivoluzionarie, a tener conto dei reali rapporti di forza e soprattutto a non lasciarsi «sviare dalle memorie nazionali del 1792» (MEW XVII, 277-8). In effetti, la Comune di Parigi vede la sua nascita a partire dall’intrecciarsi della contraddizione borghesia/proletariato con la crisi nazionale provocata dall’evidenziarsi dell’espansionistico prussiano e dall’incapacità della borghesia francese a fronteggiarlo. Alcuni decenni più tardi la rivoluzione d’ottobre scoppia sull’onda della denuncia del «tradimento» della Seconda Internazionale. Tre anni dopo Lenin traccia un bilancio storico e teorico che mette in evidenza un punto essenziale: una situazione rivoluzionaria presuppone contraddizioni così molteplici e acute da provocare «una crisi di tutta la nazione (che coinvolga cioè sfruttati e sfruttatori)» (LO XXXI, 74). In ultima analisi i bolscevichi avevano vinto perché si erano rivelati l’unica forza politica capace di dare una risposta allo sfacelo economico, politico e sociale provocato dalla guerra e dal crollo dell’Antico regime. Fondata nel 1919 allo scopo esplicito di propagare la rivoluzione russa anche all’Occidente, la Terza Internazionale non riesce in nessun caso ad essere all’altezza del suo programma. Sì, una gigantesca ondata rivoluzionaria si sviluppa a partire dalla disfatta inflitta al progetto hitleriano di edificare le «Indie tedesche» in Europa orientale e divampa a livello planetario sino alla dissoluzione del sistema coloniale; ma questa ondata ha luogo solo dopo lo scioglimento dell’Internazionale decretato da Stalin nel 1943 ed è alimentata da rivoluzioni che, contrariamente alle attese del 1919, vedono fondersi indissolubilmente conflitto sociale e conflitto nazionale. Infine, è appena il caso di dire che la Quarta Internazionale si rivela solo come la replica farsesca della tragedia della Terza».

1 commento:

Renato ha detto...

Trovo molto importante ricordare, come fa giustamente il prof. Losurdo, la distinzione di Mao fra la politica estera di un Pc al governo e la politica interna di un Pc all'opposizione. Ciò deve valere ovviamente, per non cadere nel dogmatismo, in entrambi i sensi. Ovvero dobbiamo anche capire la posizione del KKE. Da quanto mi hanno spiegato alcuni compagni di tale partito, la posizione del Pc greco è mutata per le condizioni di lavoro e salariali che i cinesi hanno imposto ai lavoratori greci del Pireo, e per l'appoggio che il governo cinese ha dato al piano lacrime e sangue del governo greco, imposto dal Fmi, contro cui si batte il KKE.
Con stima
Renato