venerdì 10 dicembre 2010

Sul Premio Nobel a Liu Xiaobo

Un manifesto di guerra
Domenico Losurdo

Versione francese
Un manifeste de guerre - Sur le prix Nobel à Liu Xiaobo
Trad. di Marie-Ange Patrizio, su http://www.ism-france.org/

Trasmesso in diretta da tutte le più importanti reti televisive del mondo, il discorso pronunciato dal presidente del Comitato Nobel in occasione del conferimento del premio per la pace a Liu Xiaobo si presenta come un vero e proprio manifesto di guerra. Il concetto fondamentale è chiaro quanto sgangherato e manicheo: le democrazie non si sono mai fatte guerra e non si fanno guerra tra di loro; e dunque per far trionfare una volta per sempre la causa della pace occorre diffondere la democrazia su scala planetaria. Colui che così parla ignora la storia, ignora ad esempio la guerra che tra il 1812 e il 1815 si sviluppa tra Gran Bretagna e Usa. Sono due paesi «democratici» e per di più fanno entrambi parte del «pragmatico» e «pacifico» ceppo anglosassone. Eppure tale è il furore della guerra che Thomas Jefferson paragona a «Satana» il governo di Londra e giunge persino a dichiarare che Gran Bretagna e Usa sono impegnati in una «guerra eterna» (eternal war), la quale è destinata a concludersi con lo «sterminio (extermination) di una o dell’altra parte».
Identificando causa della pace e causa della democrazia, il presidente del Comitato Nobel abbellisce la storia del colonialismo, che ha visto spesso paesi «democratici» promuovere l’espansionismo, facendo ricorso alla guerra, alla violenza più brutale e persino a pratiche genocide. Ma non si tratta solo del passato. Col suo discorso il presidente del Comitato Nobel ha legittimato a posteriori la prima guerra del Golfo, la guerra contro la Jugoslavia, la seconda guerra del Golfo, tutte condotte da grandi «democrazie» e in nome della «democrazia».
Ora, il più grande ostacolo alla diffusione universale della democrazia è rappresentato dalla Cina, che dunque costituisce al tempo stesso il focolaio più pericoloso di guerra; lottare con ogni mezzo per un «regime change» a Pechino è una nobile impresa al servizio della pace: questo è il messaggio che da Oslo è stato trasmesso e bombardato in tutto il mondo, ed è stato trasmesso e bombardato mentre la flotta militare Usa non cessa di «esercitarsi» a poca distanza dalle coste cinesi.
A suo tempo, un illustre filosofo «democratico» e occidentale, John Stuart Mill, ha difeso le guerre dell’oppio contro la Cina come un contributo alla causa della libertà, della «libertà «dell'acquirente» prima ancora che «del produttore o del venditore». E’ sulla scia di questa infausta tradizione colonialista che si sono collocati i signori della guerra di Oslo. Il manifesto lanciato dal presidente del Comitato Nobel deve suonare come un campanello d’allarme per tutti coloro che hanno realmente a cuore la causa della pace.

Il Premio Nobel per la guerra e Chi è Liu Xiaobo, "Junge Welt", 10 dicembre 2010

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Dear Professor Losurdo
First of all, thank you for managing to discuss on a high level and "for the sake of argument" such a sordid subject as this one.
I add to what you said that the "official" definition of various regimes as "totalitarian", "despotic", "tyrannical", etc. is mostly a matter of a ex post, tautological reasoning. It is not the nature of the regime of Milosevic, for instance, that defines him as a tyrant. It is the fact that he behaved "badly" (from the point of view of Western interests), and that the West waged a war against him, that tautologically implies the conclusion that he was a totalitarian tyrant, etc. The same goes obviously for Ahmadinedjad, Chávez, Mugabe... even Putin and Medvedev, if they persist in the errors of their ways, not recognizing the real masters of the universe...
As to single party regimes, such as Saddam's Iraq or today's China, the thing is acknowledgedly different. But we ought to at least consider the possibility of instauring formally multi-party regimes out of an invasion and occupation, such as with today's Iraq and Afghanistan, in order to put in perpective the importance of the distinction between formally single-party and formally multi-party regimes: in which possible senses are today's Iraq and Afghanistan arguably "democracies"?...
All this, of course, leaving aside the consideration of today's "bipartisan democracies" as a case of de facto "bicephalous monopartidism" (see your Democrazia i Bonapartismo); or the fact that, for instance, multi-party India is indeed the country of castes (or is it Nietzsche's "innocence of becoming"?), of millions of "slumdogs", etc. - by vivid contrast with the Confucian-Marxian comparatively democratic ethos of China's communist mandarins.
All this doesn't conflict either with your assertion (which I absolutely support) that even against definitely non-democratic regimes aggressive war would be in any case an unsustainable option, and indeed an insufferable hypocrisy and a horrendous crime.
All of this, finally, leaves aside the fact that people like Kissinger, Peres and others have also won the Nobel Peace Prize! So, how come this dirty institution has managed to have the importance that is has even among the Western Left (if these words are supposed to mean anything other than a contradiction in terms)?
My apologies for not being able to write in Italian (in spite of managing to read it), and so having to use English as "lingua franca".
Saudações cordiais,
Lisboa, 11 de Dezembro de 2010
João Carlos Graça

Anonimo ha detto...

Per quanto riguarda il premi Nobel (anche se quello per l'economia è fasullo, non essendo stato istituito per volontà di Nobel), va detto che quelli per le varie discipline vengono assegnati da istituzioni norvegesi comunque competenti (Accademia delle scienze etc.), anche se le scelte sono qualche volta discutibili e dettate dall'opportunità. Quello per la Pace viene assegnato invece da una commissione del Parlamento norvegese, e riflette orientamenti politici, strumentalizzazioni, pressioni da parte degli stati e così via, per cui il suo valore effettivo è ampiamente sovrastimato. Si vuol dare la surrettizia sensazione che abbia fondamenti "scientifici", come gli altri, mentre invece spesso è un mero strumento di battaglia politica.

Anonimo ha detto...

Egregio prof Losurdo,
sono una comopanga comunista che ha sempre seguito i tuoi lavori.
Per uriosità, sfogliando il sito bordighiano CHE FARE mi sono imbattuta nel seguente articolo sulla Cina: http://www.che-fare.org/archivcf/cf64/compromesso%20maoista%20e%20denghista.htm
Mi piacerebbe sapere da lei il suo punto di vista su quest'articolo

Arianna

Anonimo ha detto...

Dear Professor Losurdo
I would very much appreciate in case you accept to comment the views in China’s recent economic development and prospects, which are sustained by oyur compatriot, the late Giovanni Arrighi, in the site bellow:
http://www.archive.org/details/2640Arrighi
Arrighi’s views, that in my opinion are fundamentally the right ones and appeal to the notion of a sort of “last instance” non-capitalist nature of Chinese development, are directly confronted with David Darvey’s and Joel Andreas’. Of course, Harvey and Andreas represent today’s official wisdom, which by the way verify a coincidence of points of view of both Western Right and Western Left – that in my opinion basically represents how much Western Left has indee been captured by the Right’s omnipresent hegemony.
In which concerns me, it’s not about denying, for instance, the existence of a momentarily excessive economic inequality in China, or China’s excessively export-driven variety of economic development during last times (and the correlative weakness of its internal demand), or the magnitude of its ecological problems and so forth. But those aspects ought absolutely to be kept in check by acknowledging also the possibilities of reversing these processes, and solving these problems, precisely because in China the “ultima ratio” of power still resides in the political spheres, which therefore tend to promote “market” ad its partially democratic virtues, yes, much less and only conditionally “capitalism”. Besides, and not less important, it’s also undeniable that the possibilities of Chinese cooperation with both African and Latin American countries (or even more at large, say, its buying of Portugal’s or Greece’s external debts) open extremely important venues for US-free, NATO-free and more broadly West-free economic developments all over the world.
In my modest opinion, the Western Left would have much better considering all this, instead of repeating the clichés of the yellow men despising human rights, human values and human lives, China being a paradise of exploitation and “slavery”, practicing unfair trade because it does social dumping and ecological dumping and so being the truly guilty part for Europe’s recent hardships, and the rest of the usal blablabla – with more or less rightist of “leftist” varnish.
At any rate, dear Professor Losurdo, thank you so much for your important contribution to overcome this dismal intellectual panorama.
Saudações cordiais,
Lisboa, 15 de Dezembro de 2010
João Carlos Graça

hafteh magazin ha detto...

http://www.hafteh.de/?p=13543
مانیفست جنگ از کمیته نوبل در اسلو