Sia pure con ritardo, il presidente della Camera si è accorto del carattere «ducesco» del presidente del Consiglio ma naturalmente, al fine di rimuovere il più possibile il suo passato, ha preferito far ricorso ad un linguaggio diverso da quello qui da me utilizzato. Su un punto, però, la continuità con il passato è emersa più nitida che mai: mi riferisco al rifiuto di Fini di fare i conti con le infamie del colonialismo e alla sua permanente pretesa di ergersi a campione dell’Occidente contro i «barbari». E’ un atteggiamento ben funzionale alla preparazione della guerra contro l’Iran e alla campagna in corso perché Abu Mazen finisca col subire pienamente il protettorato coloniale (camuffato da «pace») che Netanyahu, con l’appoggio di Obama e anche dei nostri Fini e Berlusconi, vuole imporre al popolo palestinese.
A conferma di tutto ciò riporto una pagina del mio libro Il linguaggio dell’Impero. Lessico dell’ideologia americana, pubblicato da Laterza nel 2007 [DL]
[...] Chi assume posizione netta contro la politica di Israele è facilmente sospettato di antisemitismo; ma perché far valere a senso unico questa ermeneutica del sospetto? Si prenda, per quanto riguarda l’Italia, un politico di primo piano quale Gianfranco Fini. La sua marcia di avvicinamento allo «Stato ebraico» è iniziata diversi anni fa allorché di Mussolini ha ritenuto opportuno criticare soltanto la legislazione antisemita: «Fino al 1938, cioè fino a un minuto prima della firma delle leggi razziali [antisemite], io credo che sia molto difficile giudicare il fascismo in modo complessivamente negativo». E le leggi razziali a danno degli «indigeni» (arabi e neri) nell’impero coloniale fascista? E i massacri in Etiopia? E l’impiego massiccio di iprite e gas asfissianti, i campi di concentramento? Come si vede, del fascismo è criticato solo l’antisemitismo, mentre non c’è alcuna presa di distanza dall’espansionismo e dal razzismo coloniale. Si potrebbe pensare che dichiarazioni sopra riportate rinviino ad una fase intermedia dell’evoluzione di Fini. Non è così. Eccolo nel 2004, già vice premier, lanciarsi in una celebrazione acritica della conquista e dell’occupazione della Libia, dove «gli italiani hanno portato, insieme alle strade e al lavoro, anche quei valori, quella civiltà, quel diritto che rappresenta un faro per l’intera cultura, non soltanto per la cultura occidentale». Disgraziatamente, non si è sollevata alcuna ondata di protesta a ricordare che la vicenda decantata dall’illustre uomo politico è contrassegnata da massacri su larga scala e ha visto affacciarsi, persino in «ufficiali distinti e di animo generoso», la tentazione della «soluzione finale».
Il fatto è che l’eminente uomo politico con un passato fascista alle spalle è tutt’altro che isolato nel suo atteggiamento. Vediamo in che modo argomenta un famoso scrittore. Nel denunciare le manifestazioni filo-palestinesi e anti-israeliane, Alberto Arbasino mette in guardia contro «questo antisemitismo viscerale che scoppia e dilaga all’improvviso». Per quanto riguarda invece le «spedizioni» italiane «in Eritrea, Somalia, Libia, Etiopia», si può stare tranquilli: a torto, ci siamo «addossati, in quanto italiani, tante grosse colpe». Come si vede, la stessa personalità che condanna in quanto antisemite le manifestazioni a favore del popolo palestinese, non ha difficoltà a riabilitare l’intera tradizione coloniale italiana, da Giolitti a Mussolini. Alcune domande s’impongono: l’elemento prevalente in questo atteggiamento è la rottura con l’antisemitismo o piuttosto la continuità col razzismo coloniale? Chi s’identifica con la marcia a mano armata dei coloni italiani in Libia o in Etiopia difficilmente può sollevare obiezioni nei confronti del processo di colonizzazione ed espropriazione delle terre palestinesi. […] A questo punto conviene vedere in che modo un leader arabo (Gheddafi) ha risposto a Fini: «Ora è diventato antifascista, e questa è una cosa giusta. So che ha anche chiesto scusa agli ebrei, per quello che è stato fatto dai fascisti italiani agli ebrei. Se facesse la stessa cosa anche verso i libici, chiedendo scusa ai libici, in questo caso potrebbe essere elogiato».
4 commenti:
quindi fini è "fascista" per quanto riguarda gheddafi, è "antifascista" per quanto riguarda berlusconi ...
non è che per caso queste categorie non sono più adatte?
il motivo per cui fini si è distaccato da berlusconi è dovuto proprio agli accordi con la russia e con la libia, non graditi a padroncini di oltre atlantico
l'antifascismo non c'entra nulla, serve solo per riportare all'ovile le "ale estreme" a cui appartiene losurdo
L'ostilità dei fascisti verso lo stato di Israele sarebbe proprio una cosa senza senso: i sionisti menano, sono prepotenti, espansionisti, nazionalisti, non hanno scrupoli etc. E infatti coerentemente ora la destra guarda a loro come riferimento ideologico e "morale". Mi pare che tutto torni, no?
non solo la destra è filo-sionista ma anche la sinistra .... destr-sinistr ... bastaaaa
Posta un commento