Domenico Losurdo, 18 marzo 2011
Dopo aver bloccato con un veto solitario una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu che condannava l’espansionismo coloniale di Israele nella Palestina occupata, ora gli Usa si atteggiano di nuovo a interpreti e campioni della «comunità internazionale». Hanno convocato il Consiglio di sicurezza, ma non per condannare l’intervento delle truppe saudite in Bahrein ma per esigere e infine imporre il varo della «no-fly zone» e di altre misure di guerra contro la Libia.
Dopo aver bloccato con un veto solitario una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu che condannava l’espansionismo coloniale di Israele nella Palestina occupata, ora gli Usa si atteggiano di nuovo a interpreti e campioni della «comunità internazionale». Hanno convocato il Consiglio di sicurezza, ma non per condannare l’intervento delle truppe saudite in Bahrein ma per esigere e infine imporre il varo della «no-fly zone» e di altre misure di guerra contro la Libia.
Peraltro, alcune misure di guerra erano state già intraprese unilateralmente da Washington e da alcuni dei suoi alleati: lo dimostrano l’addensarsi della flotta militare statunitense al largo delle coste libiche e il ricorso al classico strumento colonialista della politica delle cannoniere. Ma Obama non si era fermato qui: più volte nei giorni scorsi aveva intimato minacciosamente a Gheddafi di abbandonare il potere; aveva fatto appello all’esercito libico a inscenare un colpo di Stato. Ma l’aspetto più grave è un altro. Assieme a Gran Bretagna e Francia, gli Usa hanno da un pezzo sguinzagliato i loro agenti per porre i funzionari libici dinanzi a un dilemma: o passare dalla parte dei ribelli oppure essere deferiti alla Corte penale internazionale e trascorrere il resto della loro vita in galera, in quanto responsabili di «crimini contro l’umanità».
Al fine di coprire la ripresa delle più infami pratiche colonialiste, si è scatenato il consueto, gigantesco apparato multimediale di manipolazione e disinformazione. E, tuttavia, basta leggere con un minimo di attenzione la stessa stampa borghese per accorgersi dell’inganno. Giorno dopo giorno si è ripetuto che gli aerei di Gheddafi bombardavano la popolazione civile. Ma ecco cosa scriveva Guido Ruotolo su «La Stampa» del 1 marzo (p. 6): «E’ vero, probabilmente non c’è stato nessun bombardamento». La situazione è radicalmente cambiata nei giorni successivi? Sul «Corriere della Sera» del 18 marzo (p. 3) Lorenzo Cremonesi riferisce da Tobruk: «E come è già avvenuto nelle altre località dove è intervenuta l’aviazione, sono stati per lo pù raid di avvertimento. “Volevano spaventare. Tanto rumore e nessun danno”, ci ha detto per telefono uno dei portavoce del governo provvisorio». Dunque, sono gli stessi rivoltosi a smentire il «genocidio» e i «massacri» invocati come giustificazione dell’intervento «umanitario».
A proposito di rivoltosi. Giorno dopo giorno vengono celebrati quali campioni della democrazia nella sua purezza, ma ecco in che termini la loro ritirata dinanzi alla controffensiva dell’esercito libico è stata raccontata da Lorenzo Cremonesi sul «Corriere della Sera» del 12 marzo (p. 13): «Nella confusione generale anche episodi di saccheggio. Quello più visibile nell’albergo El Fadeel, dove hanno portato via televisioni, coperte, materassi e trasformato le cucine in pattumiere, i corridoi in bivacchi sporchi». Non sembra essere il comportamento proprio di un movimento di liberazione! Il meno che si possa dire è che la visione manichea dello scontro in Libia non ha alcun fondamento.
Ancora. Giorno dopo giorno vengono denunciate le «atrocità» della repressione in Libia. E ora leggiamo quello che sull’«International Herald Tribune» scrive, a proposito del Bahrein, Nicholas D. Kristof: «Nelle scorse settimane ho visto cadaveri di manifestanti, colpiti a breve distanza con colpi d’arma da fuoco, ho visto una ragazza contorcersi per il dolore dopo essere stata bastonata, ho visto il personale di ambulanze picchiato per aver tentato di salvare manifestanti» E ancora: «Un video dal Bahrein sembra mostrare forze di sicurezza che a pochi metri di distanza colpiscono al petto con un candelotto lacrimogeno un uomo di mezza età e disarmato. L’uomo cade a terra e cerca di rialzarsi. Ed ecco allora che lo colpiscono con un candelotto alla testa». Se tutto questo non bastasse, si tenga presente che «negli ultimi giorni le cose vanno molto peggio». Prima ancora che nella repressione, la violenza si esprime già nella vita quotidiana: la maggioranza sciita è costretta a subire un regime di «apartheid».
A rafforzare l’apparato di repressione provvedono «mercenari stranieri» e «carri armati, armi e gas lacrimogeni» statunitensi. Decisivo è il ruolo degli Usa, come chiarsice il giornalista dell’«International Herald Tribune», riferendo di un episodio che è di per sé illuminante: «Alcune settimane fa il mio collega del “New York Times” Michael Slackman fu catturato dalle forze di sicurezza del Bahrein. Egli mi ha raccontato che esse puntarono le armi contro di lui. Temendo che stessero per sparare, egli tirò fuori il passaporto e gridò che era un giornalista americano. A partire da quel momento l’umore cambiò in modo improvviso; il leader del gruppo si avvicinò e prese la mano di Slackman, esclamando con calore: “Non si preoccupi! Noi amiamo gli americani!”».
In effetti in Bahrein è di stanza la Quinta flotta Usa: Non c’è neppure bisogno di dire che essa ha il compito di difendere o imporre la democrazia: ovviamente, non in Bahrein e neppure nello Yemen, ma soltanto … in Libia e nei paesi di volta in volta presi di mira da Washington.
Per ripugnante che sia l’ipocrisia dell’imperialismo, essa non è un motivo sufficiente per passare sotto silenzio le responsabilità di Gheddafi. Se anche storicamente ha avuto il merito di aver spazzato via il dominio coloniale e le basi militari che pesavano sulla Libia, egli non ha saputo costruire un gruppo dirigente sufficientemente largo. Per di più, ha utilizzato i profitti petroliferi per inseguire improbabili progetti «internazionalisti» all’insegna del «Libro verde», piuttosto che per sviluppare un’economia nazionale, moderna e indipendente. E così è stata persa un’occasione d’oro per mettere fine alla struttura tribale della Libia e al dualismo di vecchia data tra Tripolitania e Cirenaica e per contrapporre una solida struttura economico-sociale alle rinnovate manovre e pressioni dell’imperialismo.
E, tuttavia, da un lato abbiamo un leader del Terzo Mondo che in modo rozzo, confuso, contraddittorio e bizzarro persegue una linea di indipendenza nazionale; dall’altro un leader che a Washington esprime in modo elegante, levigato e sofisticato le ragioni del neo-colonialismo e dell’imperialismo: ebbene, solo chi è sordo alla causa dell’emancipazione dei popoli e della democrazia nei rapporti internazionali, oppure solo chi si lascia guidare dall’estetismo piuttosto che dal ragionamento politico può schierarsi con Obama (e Cameron e Sarkozy)!
Ma poi è realmente elegante e fine Obama che, pur insignito del premio Nobel per la pace, neppure per un attimo prende in considerazione la saggia proposta dei paesi latino-americani, l’invito cioè da Chavez ed altri rivolto alle parti in lotta in Libia perché compiano uno sforzo per la composizione pacifica del conflitto e per la salvezza e l’integrità territoriale del paese? Subito dopo il voto all’Onu, andando oltre la risoluzione appena votata, il presidente Usa ha lanciato un ultimatum a Gheddafi e ha preteso di lanciarlo in nome della «comunità internazionale». Da sempre l’ideologia dominante rivela il suo razzismo identificando l’umanità con l’Occidente; ma questa volta dalla «comunità internazionale» sono esclusi non solo i due paesi più popolosi del mondo, ma persino un paese-chiave dell’Unione europea. Attegiandosi a interprete della «comunità internazionale», Obama ha mostrato un’arroganza razzista persino peggiore di quella di cui davano prova nel passato coloro che schiavizzavano i suoi antenati.
E’ elegante e fine Cameron che, per sconfiggere l’opposizione interna alla guerra, ripete ossessivamente che essa risponde agli «interessi nazionali» della Gran Bretagna, come se non fossero già chiari gli appetiti per il petrolio libico? Chi non sa che questi appetiti sono diventati ancora più voraci, una volta che la tragedia del Giappone ha gettato un’ombra pesante sull’energia nucleare?
E che dire poi di Sarkozy? Sui giornali si può leggere tranquillamente che egli, oltre che al petrolio, pensa alle elezioni: quanti libici il presidente francese ha bisogno di ammazzare per far dimenticare i suoi scandali e le sue gaffes e assicurarsi così la rielezione?
I giornalisti e gli intellettuali di corte amano dipingere un Gheddafi isolato e incalzato da un popolo coralmente unito, ma chi ha seguito gli avvenimenti non ha avuto difficoltà a rendersi conto del carattere grottesco di questa rappresentazione. Il recente voto al Consiglio di sicurezza ha smascherato un’altra manipolazione, quella che favoleggia di una «comunità internazionale» unita nella lotta contro la barbarie. In realtà, si sono astenuti, esprimendo forti riserve, Cina, Russia, Brasile, India e Germania! I primi due paesi non sono andati oltre l‘astensione e non hanno posto il veto per una serie di ragioni: intanto, non bisogna perdere di vista il fatto che tuttora non è facile e può comportare problemi di vario genere sfidare la superpotenza solitaria. Ma, ovviamente, non si tratta solo di questo: Cina e Russia hanno ottenuto in cambio la rinuncia all’invio di truppe di terra (e di occupazione coloniale); hanno evitato interventi militari unilaterali di Washington e dei suoi più stretti alleati, come quelli messi in atto contro la Jugoslavia nel 1999 e nell’Irak nel 2003; hanno cercato di contenere le manovre dei circoli più aggressivi dell’imperialismo che vorrebbero delegittimare l’Onu e mettere al suo posto la Nato e l’«Alleanza delle democrazie»; per di più si è aperta una contraddizione nell’ambito dell’imperialismo occidentale guidato dagli Usa, come dimostra il voto della Germania.
Con riferimento in particolare a un paese come la Cina diretto da un partito comunista, va osservato che il compromesso che esso ha ritenuto di accettaree non vincola in alcun modo i popoli del mondo. Come ai suoi tempi ha spiegato Mao Zedong, una cosa sono le esigenze di politica internazionale e i compromessi propri di paesi di orientamento socialista o progressista, altra cosa è invece la linea politica di popoli, classi sociali e partiti politici che non hanno conquistato il potere e non sono quindi impegnati nella costruzione di una nuova società. Una cosa è chiara: l’aggressione che si prepara contro la Libia rende più che mai urgente il rilancio della lotta contro la guerra e l’imperialismo.
Versione francese
Une nouvelle opération coloniale contre la Libye
traduit de l’italien par Marie-Ange Patrizio, da www.mondialisation.ca
Versione portoghese
Nova operação colonial contra a Líbia
Une nouvelle opération coloniale contre la Libye
traduit de l’italien par Marie-Ange Patrizio, da www.mondialisation.ca
Versione portoghese
Nova operação colonial contra a Líbia
Tradução de Ana Maria Dávila, da http://www.conversaafiada.com/
14 commenti:
Caro Professore,
ottimo articolo che in sintesi esprime tutto ciò che pensavo sulla farsa della "rivoluzione" Libica. Tuttavia non mi è chiaro il significato dell'ultimo perido in riferimento alla Cina ed a Mao. In verità sono rimasto molto deluso dalla Cina e dalla politica del compromesso. Un veto avrebbe rappresentato una posizione anti-imperialista netta ed un messaggio chiaro ai popoli in lotta.
Cordiali saluti.
Matteo
Caro professore, io ritengo che la neutralità sarebbe stata la decisione più saggia, anche per salvare la faccia...non si tratta solo del governo, ma anche delle opposizioni. Ieri Napolitano stringeva la mano a Gheddafi, oggi improvvisamente Gheddafi diventa il nemico dei diritti dell'astratto individuo libico (dei diritti dell'uomo).
La invito sul mio blog piergiorgioblog.blogspot.com
Qui si possono trovare link che testimoniano quanto i media raccontino fandonie:
http://www.facebook.com/pages/Colidedico-comunitarismo-libertario-democratico-dialogico-greco/171181692906100
un assaggio:
http://www.youtube.com/watch?v=1inFRhqzguQ
caro professore, che ne dice di questo programma e delle sue analisi?
http://tinyurl.com/66gqr2p
sono d'accordo con Matteo...e ho una visione più critica, anche se sicuramente meno documentata del Prof. Losurdo verso il partito 'comunista' Cinese. Sul resto, sono d'accordo, soprattutto sull'ipocrisia di questa azione militare. Come Peter Gowan aveva evidenziato, sembra che l'ONU stia qui agendo come una macchina ausiliaria della egemonia Americana, anche se e' evidente che ci sono svariati interessi in campo. Anche l'idea che questa azione sia legittima perché suffragata dalla decisione ONU e' dal mio punto di vista altamente discutibile, visto che come dice Zolo, 'la competenza – anche militare – delle Nazioni Unite riguarda soltanto tre circostanze particolari e cioè che ci sia una minaccia alla pace internazionale, ovvero un conflitto tra due stati, la violazione della pace internazionale e un atto di aggressione di uno stato nei confronti di un altro stato'. Un saluto da una affezionata lettrice
Caro Professore
io la vedo così:
E' il solito neocolonialismo ma sempre più debole, la reazione di un sistema di potenze che si sentono accerchiate e che giocano l'unica carta cehe hanno ancora a diosposizione il primato tecnologco militare sul terzomondo. Credo che la partita si giocherà sul terreno squisitamente tecnico- militare. Finatantochè le azioni militari occidentali saranno a costo zero, prive di rischi reali andranno avanti, quando finalmente anche i paesi emergenti si doteranno dei mezzi tecnici per difendersi ed infliggere seri danni all'aggressore queste politiche cesseranno. Come diceva MAIO la forza di una resistenza si misura sulla forza delle armi di cui dispone. Triste ma vero! Bombaradare senza corerre rischi è comodo ma cominciare a perdere velivoli, navi ed latri mezzi è tutto un altro discroso.
Caro Professore, la mia domanda è la seguente: è mai stato in Libia nelle aree di cui parla? Cosa ha visto con i suoi occhi del momento attuale?
Prima di prendere posizioni severe come le sue, occorre avere il coraggio di essere stati sul campo, per non commettere un errore di giudizio. Altrimenti, è facile scoprire di avere tratto conclusioni affrettate, seppur corroborate da un notevole nucleo di tomi storici.
Memento audere semper
Riprendendo quanto scritto nei commenti da Michelangelo, fin'ora la politica dei bombardamenti e delle aggressioni è stata praticata in maniera tutto sommato disinvolta data la ragionevole certezza che il "nemico" di turno non ha la capacità di portarti legittimamente la guerra in casa. In questo quadro anche le sedicenti "opinioni pubbliche" possono essere manovrate e indotte facilmente al consenso. Su questo aspetto ci sono analogie con il passato coloniale: il massimo punto di consenso al regime fascista, ad es., ci fu durante la conquista dell'Abissinia. Quando la scelta militare potrà avere, invece, anche conseguenze dirette in termini di rappresaglie per il paese (o i paesi) aggressori, allora, forse, qualcosa cambierà.
G.C.
Tra poco il ComSuBin interverrà per liberare i marinai del rimorhiatore. L'Italia, dopo aver venduto gli oto melara palmaria da 155 mm che hanno bombardato Bengasi (distrutti dagli aerei francesi) ha le sue responsabilità, questa è la verità. E siamo già in guerra. Purtroppo la situazione è estremamente drammatica.
quanto a michelangelo, Santo Cielo. Ma sei cieco? Ora ti domando: chi ha venduto le armi a Gheddafi, vuoi saperlo? Gli italiani. I 155 mm che bombardano i civili sono nostre. Fortuna che tali armi non arrivano a fermare i jet francesi.
Dear all
Let me please present you two suggestions more, both form Counterpunch. Diana Johnstone: http://www.counterpunch.org/johnstone03072011.html
and also Jean Bricqmont: http://www.counterpunch.org/bricmont03082011.html
Indeed, is this people from the so-called interventionist "humanitarian left" simply too stupid, or are they really fooling with us?
As to China, well, one way to put it would be: "think not what China can do for you, but rather what you can do for China"... but that's probably asking too much. Anyway, while "Europeans", we could at least demand from the "European Left" a clear-cut position against both intervention and "no fly zone". That is, alas, far from being the case...
Saudações cordiais.
Lisboa, 24 de Março de 2011
Some suggestions more from Counterpunch
Concerning Libya, Thomas Mountain: http://www.counterpunch.org/mountain03232011.html
Concerning Bahrain, Patrick Cockburn: http://www.counterpunch.org/patrick03172011.html
Saudações cordiais.
Lisboa, 24 de Março de 2011
João Carlos Graça
Grande!
Vorrei sapere come smentire le accuse che si fanno a Gheddafi di prestarsi a operazioni di rifiuto degli immigrati ricacciati nel deserto incontro a morte sicura.
Grazie
Giuseppina Ficarra
via c. scobar, 1
90145 Palermo
giuseppina.ficarra@tin.it
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